Categoria: Evoluzione
Puoi baciare la rana
L’articolo di oggi è il regalo perfetto per l’anniversario di nozze dei vostri genitori. Basta con i mazzi di fiori, le cene in costosi ristoranti e quelle torte particolarmente brutte che sanno di polistirolo. Prima di lasciarvi alla lettura un annuncio rapidissimo: a breve (quando mi verrà in mente un acronimo figo) partirà una nuova rubrica con interviste più o meno serie a dottorandi/tesisti magistrali italiani in biologia evoluzionistica, ecologia ecc… Materiale per partire ne abbiamo ma, se conoscete qualcuno interessato, ditegli di mandarmi una mail o scrivere due righe sulla pagina Facebook del dodo.
“E vissero per sempre felici e contenti.”
Questa storia inizia dove molte altre finiscono.
In ogni classico Disney che si rispetti, la protagonista, una teenager cui è sempre stata preclusa anche la scolarizzazione di base, affronta numerose peripezie insieme al suo unico vero amore. Questo è a sua volta rappresentato da:
A) Un belloccio nobile.
B) Un tizio che può anche fare il venditore di carta da parati, ma comunque avrà un bicipite grosso come la mia testa.
Quando tutto è sistemato, si va di matrimonio e unione felice per il resto della vita: l’agognata monogamia.*
Vabbè, direte voi, criticare i film Disney è un po’ come sparare sulla Croce Rossa. E avete anche ragione.
Tuttavia questo finale, ripetuto un sacco di volte, fonda effettivamente le sue radici nel nostro modo di concepire una relazione. Homo sapiens è una specie che pratica, nella maggior parte dei casi, la monogamia. A questo punto però occorre fare qualche precisazione e, soprattutto, vedere se questa nostra abitudine è condivisa con altre specie animali. Come molte altre cose, la monogamia è un fenomeno complesso che viene spesso suddiviso in due parti distinte: sociale e genetica.
Un gene per domarli
L’8 marzo è passato da poco e l’articolo di oggi, seppure in ritardo, vuole essere un omaggio al sesso che realmente detiene le redini del futuro di una specie. Dalla danza delle sule piediazzurri allo sfoggio di potenza degli elefanti marini, i maschi di ogni specie fanno a gara per entrare nelle grazie di una potenziale compagna perché i loro geni continuino a vivere. Noi esseri umani si è scelto di giocarcela a suon di mimose e, sebbene riconosca l’importanza della tradizione, ho optato per una scelta che non induca la mia allergia al polline a farmi diventare una maschera gonfia di lacrime e muco. Auguri.

L’idioma è quello di Mordor e non lo pronuncerò qui, ma nella lingua corrente si dice ” AAATGCGTAA…”. Immagine Wikimedia Commons
Sauron ha fatto anche cose buone.
Prima di lui la Terra di Mezzo era dominata da una élite elfica che, insieme ad una classe media umana, preferiva non curarsi della disoccupazione imperante tra orchi e goblin. Questi ultimi, non trovando adeguato impiego dopo anni di studi specialistici, preferivano sfogare la propria frustrazione dandosi a razzie organizzate alla bell’e meglio. Fu Sauron a fornire loro uno scopo, impiegandoli stabilmente nelle forze armate e fornendogli alloggio nella ridente località di Mordor. Almeno fino a quando la sua brutta abitudine di portare i gioielli sopra l’armatura non lo tradì.
Proprio come l’unico anello di Sauron, che controllava tutti gli altri, alcuni geni possono avere un ruolo dominante nella vita di un organismo.
Eau de carnivore
Articolo per palati fini oggi! Lunedì prossimo probabilmente (salvo interventi miracolosi di Francesco) il dodo si prenderà una pausa perché il sottoscritto partecipa alla nuova edizione di Famelab! Che è? Ma è il secondo miglior modo per passare un pomeriggio (il primo è ascoltare questo in loop per 7 ore)! Praticamente io e altri soggetti proviamo a spiegare un argomento scientifico in 3 minuti senza l’aiuto di Powerpoint o altre stregonerie billgatesiane. Non vi chiedo di venire ad Ancona giovedì, ma magari buttate un occhio all’edizione più vicina a voi, ne vale la pena.
I furetti (Mustela putorius furo)sono sempre più popolari come animali da compagnia. Sono belli, morbidi, giocherelloni e hanno quel fascino del predatore che piace sempre alle donne.
E puzzano, Dio se puzzano.
La colpa non è la loro. Se ti metti in casa un mustelide aspettandoti che dalle sue ghiandole esca un fresco odore di rose, forse non hai ben capito a cosa va incontro il tuo nuovo simpatico amico nel Cattivo Mondo Esterno (CME). Puzzare può salvargli la vita.
L’ordine dei carnivori contiene alcuni tra i più grandi predatori del pianeta, come l’orso polare (Ursus maritimus) o la tigre (Panthera tigris), ma non tutti i mammiferi che possono vantare l’appartenenza a questo club sono all’apice della catena alimentare. Il furetto dai piedi neri (Mustela nigripes), un parente nordamericano del vostro recente acquisto, passa le sue giornate a cercare di mangiare cani della prateria ma, nel frattempo, deve stare in occhio per non finire spolpato da coyote, gufi reali e tassi. E non è certo l’unico. In giro per il mondo molti carnivori di piccola taglia hanno dovuto arrangiarsi e venire a patti con il fatto che sì, sono predatori ma, spesso, anche prede.
A qualcuna piace bugiardo
Bentornati all’appuntamento settimanale con gli articoli reputati interessanti da me e dai parenti del loro autore! Il post di oggi è totalmente diseducativo e cerca di far passare il messaggio che mentire sia scusabile, quando non addirittura vantaggioso. Se volete essere buoni genitori non fatelo leggere ai vostri figli. Se volete essere OTTIMI genitori invece fateglielo leggere e regalate loro una finta barba alla Darwin.
Certe volte guardare un documentario può essere deprimente.
Non ho nulla contro il santo patrono della divulgazione scientifica Sir David Attenborough (che riesce a far sembrare interessante anche il curling) però a volte la scelta delle immagini mandate in onda è volutamente discriminatoria. Dai maschi di cervo volante (Lucanus cervus) che buttano giù gli avversari dagli alberi agli elefanti (Loxodonta africana) che incrociano zanne e proboscidi per ottenere il diritto ad accoppiarsi con una femmina, là fuori non è un posto per deboli. E io che, all’uscita dalla palestra, sento la voce di Charles Darwin sussurrarmi <Dammi retta giovane, buttala sulla simpatia> soffro.
D’altronde solo i migliori riusciranno a continuare la loro genia, lasciando a noi, appartenenti alla corte dei miracoli, l’oblio. Oppure mi sbaglio?
Come ti evolvo un veleno
Tutte le volte che provavo a scrivere un articolo sull’argomento veleni veniva pubblicato un nuovo lavoro che, secondo me, meritava di essere aggiunto. Facendomi della violenza mentale con metodi vietati dalla Convenzione di Ginevra (autominacciandomi di rivedere tutta la prima serie di Agents of S.H.I.E.L.D.) sono finalmente riuscito a pormi un limite e il risultato è quello che vi accingete a leggere.

I contenitori di veleno non hanno più solo un grosso simbolo del teschio con le due tibie incrociate. La cosa non solo è deludente, ma continua a ricordarmi che non sarò mai un vero pirata. Mai. Immagine Rockgem
Di tutti i veleni, l’anima è il più forte. ( Novalis)
La citazione da cioccolatino qui sopra è attribuita a uno dei più insigni rappresentanti del romanticismo tedesco. Potete usarla per creare una struggente immagine di Facebook con cui dare battaglia ai neo-fan di Bukowski, oppure potete fare come me e deridere spietatamente l’autore.
HA, l’anima!
Di tutti i veleni, IL VELENO è il più forte.
Nel remoto caso in cui veniate morsi da un mamba nero (Dendroaspis polylepis) non userete i vostri ultimi attimi di lucidità per pensare “Caspita! quel tedesco lì sì che la sapeva lunga”. No. Sbavanti e privi di forze, avrete soltanto pochi minuti per farfugliare qualcosa di incomprensibile a chi vi sta intorno, realizzando troppo tardi di essere l’ennesima vittima di una delle più interessanti innovazioni evolutive mai selezionate.
Quindi permettetemi di incominciare di nuovo.
We are Venom. (Eddie Brock)
I veleni sono con noi da sempre. I nostri antenati dovevano farci i conti quotidianamente e, col tempo, la letteratura ha deciso di adottarli come metodo preferito per far fuori giovani amanti con grossi problemi di comunicazione e regine egiziane. Nonostante questa ampia familiarità con l’argomento, preparando questo articolo ho scoperto una cosa:
Non esiste una singola definizione di veleno.
Gli animali non fanno fotosintesi, anzi sì, anzi no
Proprio come il Winner Taco, il mio regno è stato breve ma intenso, e tutti mi amavano. E proprio come il Winner Taco, finalmente sono tornato. Questa volta sono in grado di tener fede al mio impegno di NON pubblicare un altro articolo sugli insetti. Sempre di invertebrati però si parla, e di quelli più viscidi e repellenti, per giunta. O forse no? Mentre decidete, se non lo avete ancora fatto potete mettere “Mi piace” all’articolo e alla pagina facebook del blog, tanto si sa che i “Mi piace” sono tutto nella vita.
“Prendiamocela larga” come disse il padre di Adèle prima di adottare.
C’era una volta… “Un re!” grideranno i miei piccoli lettori. E invece no. C’era una volta, tanto tempo fa, un batterio che, per un capriccio dell’evoluzione, imparò la raffinata arte della fotosintesi. Sempre nello spirito del blog divulgativo, se fossi una persona seria a questo punto dovrei tentare di illustrare le basi di come funziona la fotosintesi, ma ciò forse ci porterebbe troppo lontano dal nocciolo della questione, senza contare che la fotosintesi è una roba biochimica, e io sulla biochimica tendo a scivolare facilmente. Se volete la versione iperbreve per negati (che è sufficiente per la comprensione dell’articolo) la fotosintesi è un processo attraverso cui un organismo, grazie all’energia della luce solare e alla MAGIA NERA, tramuta acqua e anidride carbonica in zuccheri (utili come nutrimento) e ossigeno, che controintuitivamente è un prodotto di rifiuto. Queste poche parole dovrebbero lasciare soddisfatta la maggior parte di voi, incluso il fondatore del blog che ci tiene tanto a essere user-friendly.

Invece di un’immagine seria sulla fotosintesi, ecco una foto del Winner Taco, perché adesso che l’ho nominato non riesco a togliermelo dalla mente. Immagine http://www.giornalettismo.com.
Ora, se qualcuno ha prestato sufficiente attenzione, si potrà porre delle domande: batteri? Ma non erano le piante a fare fotosintesi? Be’, non proprio. Per citare un mio leggendario Prof. universitario: “Tutto quello che è verde fa fotosintesi”. Che non significa che Hulk va a energia solare o che le iguane fanno fotosintesi, ma che se una cellula è di colore verde, c’è buona possibilità che contenga i pigmenti, in primis la famosa clorofilla, necessari a trasformare l’energia solare in energia chimica comodamente immagazzinabile.
La grande bottega degli ibridi
Lo sapevo che la cosa delle mille parole durava tipo 2/3 articoli e poi ciao. Il post di oggi, oltre a superare di quasi 500 parole la soglia prefissata, è l’ennesimo a tema marino. No, non ho ritrovato improvvisamente quell’amore che sembra unire tutti coloro che, al presentarsi del primo raggio di sole primaverile, corrono ad affollare la playa. Ma lo scoprirete leggendo. Chiudo dicendo che, probabilmente, lunedì prossimo sarà senza articolo causa trasferimento fisico di me stesso presso un’altra università che ha deciso di accordarmi fiducia per la tesi. Se ne pentiranno.
Che cosa intendiamo con la parola “specie”?
La domanda è meno semplice di quando possa sembrare, visto che i modi per definire una così basilare suddivisione si sprecano.
Il “concetto biologico” di specie è, forse, il più celebre tra tutti e lo dobbiamo al famoso biologo tedesco Ernst Mayr. Secondo Mayr una specie è rappresentata da “gruppi di popolazioni naturali effettivamente o potenzialmente interfeconde, isolate riproduttivamente da altri gruppi simili”.
Analizziamo velocemente i punti focali di questa definizione.
Con “interfeconde” intendiamo che gli organismi, riproducendosi, danno alla luce dei piccoli in grado di riprodursi a loro volta.
La questione dell’“isolate riproduttivamente” è leggermente più complessa e rappresenta, se vogliamo, il cuore del concetto biologico.
In pratica due specie diverse, incrociandosi tra loro, non dovrebbero essere in grado di produrre una prole fertile. La questione è parecchio più intricata di così ma, per adesso, vi basti sapere che essere ibridi in un mondo di specie non è semplice. Soprattutto quando l’evoluzione ha sviluppato un numero così vasto di meccanismi per evitare la tua nascita.
Ho visto la luce
Dopo la immeritatissima pausa di inizio anno eccoci con un nuovo articolo scelto sulla base della sempreverde motivazione “mi piacevano le figure”. Con il primo post non lamantino del 2014 colgo l’occasione per ringraziare tutti voi che leggete, commentate o semplicemente linkate gli articoli per sembrare impegnati (non lo fate, non c’è nemmeno un tizio morto nei post). Mi state fornendo una scusa per chiudermi in casa nel finesettimana e leggere di bestie “eh macccc’hoilbloggggg”. Grazie davvero.
Cos’è un colore?
No, non voglio una definizione uscita dalla vanga penna di Fabio Volo, piuttosto qualche rimembranza di fisica. Quando la luce bianca colpisce un oggetto, questo assorbe parte della radiazione luminosa e ne riflette altra. Se steste indossando calzini viola, pantaloni gialli e maglietta blu, le tonalità che potreste osservare sarebbero, quindi, proprio i colori contenuti nella porzione di luce riflessa.
Ma direi che questo sarebbe l’ultimo dei vostri problemi.
In quanto esseri umani i nostri occhi possono vedere soltanto una piccola parte dello spettro elettromagnetico, chiamata regione del visibile, che va da 400 a 700 nanometri. Quest’area è a sua volta suddivisa in piccoli intervalli di determinate lunghezze d’onda associati ai colori che tutti conosciamo e amiamo (beh, non proprio tutti, alcuni colori derivano dalla sovrapposizione di lunghezze d’onda diverse, facenti comunque parte dello spettro visibile).
Sulla terra ferma la luce non incontra ostacoli particolari sul suo cammino e quindi possiamo dire di essere “viziati” con i colori. In mare la situazione cambia alla grande.
Controcorrente
Ultimo articolo dell’anno e il primo sotto il dominio volodeldodo.com. Wow. Such convergenza. Very meta. Comunque sia tutti gli apprezzamenti espressi da voi erano associati a volodeldodo.wordpress.com quindi, sotto i vecchi post, vedrete la peggio desolazione. Non vi preoccupate, sia io che Francesco sappiamo quanto ci amate. O quanto poco avete da fare il lunedì sera (non siamo schizzinosi, la pietà ci va bene). In ogni caso auguri, ci vediamo nel 2014!
Che si tratti di andare in giro con pantaloni talmente stretti da rendere vano qualsiasi tentativo di futuri accoppiamenti o di radere unicamente i lati della testa per essere più aerodinamici, la moda segue regole misteriose.
O no?
In realtà molto spesso una nuova abitudine segue il classico andamento a campana. Inizialmente solo poche persone sfoggiano il risvolto nei pantaloni modello “acqua in casa” ma, specialmente se la cosa viene rilanciata da un volto noto (-Ehi, David Beckam gira come se gli si fosse allagato il tinello!-), la moda si diffonde rapidamente. Quando però l’abitudine è divenuta mainstream il beneficio nell’adottarla è ridotto, non si è degli innovatori. Se qualcuno comincerà a sfoggiare i calzini sopra la gamba dei pantaloni avrà un ipotetico vantaggio novità: lui, e i pochi che lo seguono, saranno gli unici. Il numero di persone con i pantaloni arrotolati comincerà a diminuire in favore della nuova moda e il ciclo ricomincerà inesorabile.
Il parassita alle porte
È quasi Natale ma noi ce ne freghiamo alla grandissima, quindi sotto con robe atroci e comportamenti moralmente ambigui favoriti dalla selezione naturale. Questa settimana il blog dovrebbe addirittura ospitare un CHRISTMAS SPECIAL che manco quello di Downton Abbey, con invertebrati e disegni ad opera del buon Francesco Lami, quindi occhio e a presto!
Dal waterboarding ad Orlando Bloom nel secondo film dello Hobbit, la vita è piena di cose che esprimono crudeltà al solo pensiero. Tuttavia poche devono avere lo stesso impatto emotivo di crescere la prole di colui che ha ucciso i tuoi figli.
Eh? Non male, vero? Neanche il buon Rick sta peggio, visto che al massimo deve crescere la figlia di Shane e Lori. E non ditemi nulla che non ho letto il fumetto.
Ma torniamo a parlare di uccelli (ha ha!), visto che la nostra storia ha proprio loro per protagonisti.
Con l’arrivo della primavera le pampas argentine sono teatro di uno scontro che sembrerebbe, a prima vista, pane per i più classici registi hollywoodiani.