Categoria: Evoluzione

L’Albero delle Termiti

Salve, sono Francesco Lami, forse vi ricorderete di me per guest posts come Un Insetto a Orologeria e Harmonia axyridis, ovvero come imparai a preoccuparmi e a temere la coccinella. Sono recentemente stato promosso a coautore del blog oltre che, apparentemente, a suo disegnatore ufficiale. Ottime notizie per tutti voi, perché se continua così la mia scalata al potere presto estrometterò del tutto il suo proprietario originale. Nel frattempo, eccovi un nuovo articolo.

Non si assomigliano molto, vero? E invece attenti, perché vi aspetta un colpo di scena che neanche nelle peggio soap operas. Immagini Wikimedia Commons.

Non si assomigliano molto, vero? E invece attenti, perché vi aspetta un colpo di scena che neanche nelle peggio soap operas. Immagini Wikimedia Commons.

Mi piace pensare che i miei interessi nel mondo della biologia siano relativamente diversificati. Ho una dignitosa collezione di fossili, me la cavicchio nell’identificazione delle più comuni piante locali, ero appassionato di erpetologia e, quando capita, mi diletto nel bird-watching, nello snorkeling e nella microscopia d’acqua dolce. Così mi ero detto: “Fra, vecchia quercia, hai già propinato ai lettori due articoli sugli insetti, questa volta parla di qualcosa di diverso”.

E invece niente, vi beccate un altro articolo sugli insetti.

D’altronde a chi gliene frega qualcosa di tigri e uccelli del paradiso quando si possono avere gli scarafaggi?

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Con(pa)tagion

Bentornati all’ appuntamento con l’articolo che non posso delegare ad altre persone! La settimana scorsa L.AMA.N.T.IN.I. non è uscito perché ero a Lucca Comics and Games a fare vergognare le persone che mi accompagnavano era festa. Questa settimana si recupera con una edizione SPECIAL e preparatevi ad un post che raccoglie il mio parere e quello di altre persone estremamente influenti sul MuSe di Trento. No, non mi hanno fatto entrare gratis. Sì, c’era un dilofosauro.

Halloween è passato da poco e Natale, con il suo corredo di canzoncine ammorbanti, è sempre più vicino. È il clima giusto per un articolo sui signori della notte, gli animali che incutono timore nel cuore di colui che li osserva: i pipistrelli.

Il terrore e il raccapriccio sono potenti in questo figlio delle tenebre.

Il terrore e il raccapriccio sono potenti in questo figlio delle tenebre.

Beh, non solo sui pipistrelli. Avete presente Contagion? Ho amato quel film. Il virus responsabile della morte di Gwyneth Paltrow (non è uno spoiler! Tira le cuoia a neanche 5 minuti dall’inizio) era stato ritrovato, per la prima volta, in un pipistrello. Forse non avete dato troppo peso alla cosa, o magari siete stati solo contenti che il simpatico mammifero fosse stato usato come vettore dalla pandemia che ha eliminato Kate Winslet (questo è uno spoiler, fatemi causa). Ma la verità è un’altra e, per dirla come Laurence Fishburne (c’è pure lui nel film), potete fare finta che non esista o vedere quanto è profonda la tana del bianconiglio.

Questa è la vostra pillola rossa.

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Il mio regno per un ananas

King Charles receiving the first Pineapple cultivated in England by Hendrik Danckerts. Immagine Wikimedia Commons

King Charles receiving the first Pineapple cultivated in England by Hendrik Danckerts. Immagine Wikimedia Commons

Matteo Vecchi potrebbe essere oggetto di odio aperto e viscerale. Le sue conoscenze entomologiche e botaniche spaziano dalle informazioni più marginali agli articoli più recenti. Possiede anche quella simpatica capacità di riuscire nelle cose che non ha mai fatto prima, siano esse una ricerca di fossili nel greto di un fiume o l’ analisi di dati biologici in R. Il post di oggi è suo, e racconta di come le caratteristiche evolute da alcune piante abbiano influito sul successo di intere famiglie vegetali. Si, ho il complesso di Vegeta nei confronti di Matteo.

Disclaimer: questo post è carente di citazioni pop

“The greatest service which can be rendered any country is to add a useful plant to its [agri]culture.

Così disse Thomas Jefferson, il 3° presidente degli Stati Uniti, ed è innegabile che il continente che più di tutti ha reso questo servizio è l’America. Oltre ai famosi esempi di colture introdotte a seguito del viaggio di Colombo (come pomodori, patate, mais, peperoncini, cacao e zucche), un frutto una infruttescenza è stata a lungo simbolo di potere e prestigio: sto parlando dell’ananas.

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Un insetto a orologeria

Spiaccicare questo sarebbe un macello. Immagine insectlabstudios.com

Spiaccicare questo sarebbe un macello. Immagine insectlabstudios.com

Conoscere  Francesco Lami vuol dire discutere, e spesso anche. I suoi gusti in materia cinematografica includono quasi sempre oscuri filmacci degli anni 90, oppure  nuove e scintillanti pellicole dalla trama lunga quanto mezzo foglio A4. Nel caso dovessi postare un suo articolo senza prima averne parlato con lui per “smussarne gli angoli”  verrei contattato, nel giro di 7 secondi, dalla polizia postale. Un giorno abbiamo discusso su quanto tempo fa fosse vissuto Dilophosaurus wetherilli. Aveva ragione lui. E ora, ogni giorno, pubblica sulla mia bacheca una diversa immagine della dannata bestia. Ma sto divagando, e tutto questo non vi impedirà di godervi il suo secondo guest post!

L’uomo e gli animali. La contrapposizione tanto inutile (l’uomo è solo una delle numerosissime specie di animali, non qualcosa di al di fuori da esse) quanto diffusa nella nostra cultura. Uno dei motivi che la alimentano è forse la straordinaria capacità dell’uomo di immaginare e creare una varietà infinita di macchine e strumenti, varietà che forse a molti sembra superare quella del mondo zoologico. Però, se da una parte abbiamo la mente più raffinata che l’evoluzione abbia creato, dall’altra abbiamo 4 miliardi di anni e un intero pianeta di continue mutazioni casuali e selezione naturale.

Il che non è da poco, visto che fra le altre cose hanno originato la mente di cui sopra.

E poi diciamocelo, il nostro intelletto è anche responsabile della creazione  di Twilight e Episodio I. Non è una cosa di cui vantarsi. E quanto tempo avete passato oggi a cercare immagini di Grumpy Cat su internet? Appunto. Vergognatevi.

Il risultato comunque è che molte delle invenzioni umane in realtà già esistevano in una qualche forma biologica. Il mio eroe d’infanzia, il naturalista, scrittore e pioniere della conservazione Gerald Durrell, dedica un capitolo del suo libro Incontri con animali a elencare alcuni degli esempi più classici e noti, che vanno dalla generazione di elettricità nell’anguilla elettrica al sonar dei pipistrelli. In questi casi, ovviamente, esistono comunque delle differenze fra la macchina e l’animale: il risultato può essere lo stesso, ma il meccanismo col quale viene ottenuto è molto diverso. E’ più difficile immaginare un animale che imiti perfettamente il meccanismo di alcune invenzioni umane, anche qualcosa di semplice come viti, bulloni, ingranaggi e riviste pornografiche.

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Andata e ritorno, un racconto anfibio

SVEGLIAAA!!1! La tv non te lo dice ma l’uomo ha piantato delle pinne extra nei delfini per farli gareggiare!! Fate girare! Ok, seriamente, negli ultimi giorni sta facendo il giro della rete una foto di qualche anno fa: il delfino con le gambe. Ora, sebbene questo possa essere uno dei più bei nomi mai pensati per un pub, l’animale fotografato mostra semplicemente un “ricordo” evolutivo. E non è nemmeno l’unico. Oggi si esplora la roba strana che non dovrebbe essere nel corpo di chi la porta, ma che invece c’è. Per alcuni questo post potrebbe rappresentare un mio disperato grido di aiuto perché non ho più una coda prensile. Nulla di più falso. Lo giuro sulla fo**uta coda prensile che un giorno avrò.

La foto incriminata con a fianco due delfini (Tursiops truncatus) normali che giudicano le scelte di vita di quello a sinistra. Colgo l’occasione per ricordare che i delfini sono inquietanti a livelli notevoli già senza pinne extra, essendo contenitori mobili di parassiti come l’anisakis e avendo dato il via a quei quadretti da mezzo euro con gli arcobaleni. Immagini National Geographic Society.

La foto incriminata con a fianco due delfini (Tursiops truncatus) normali che giudicano le scelte di vita di quello a sinistra. Colgo l’occasione per ricordare che i delfini sono inquietanti a livelli notevoli già senza pinne extra, essendo contenitori mobili di parassiti come l’anisakis e avendo dato il via a quei quadretti da mezzo euro con gli arcobaleni. Immagini National Geographic Society.

Mantenere qualcosa che un tempo era utile ma oggi non lo è più è costoso per un organismo, sia in termini energetici sia a causa delle risorse sprecate. Gli antenati degli attuali ratiti, uccelli come gli struzzi e i casuari, hanno perso la capacità di volare quando si sono specializzati per la vita terricola. I cetacei, balene e delfini, hanno dismesso gli arti inferiori quando i loro progenitori hanno adottato definitivamente un’esistenza totalmente acquatica. Gli spettatori di “Uomini e Donne” hanno buttato via la loro corteccia cerebrale quando hanno scoperto che riuscivano a seguire il programma anche senza. La regola che vale sempre è quella della selezione naturale: quando una nuova caratteristica (o, in questo caso, la perdita di una vecchia) ti conferisce un vantaggio rispetto ai tuoi pari, puoi lasciare una prole più sana/numerosa che a sua volta erediterà la caratteristica e le permetterà di diffondersi.

Naturalmente il processo non ha nulla di intenzionale e nemmeno avviene dall’oggi al domani, ma se qualcosa è inutile o dannoso vi è un vantaggio a perderlo. È così che funziona in natura ed è così che dovremmo fare noi con cose che da tempo non sono che l’ombra di quanto erano in passato. Come “Alla fine arriva mamma”.

Questa perdita di caratteri, non più riacquistati, è abbastanza comune nel percorso evolutivo di molti organismi, tanto da meritare una vera e propria legge: la legge di Dollo. Formulata dal paleontologo Louis Dollo, recita più o meno così: “Un organismo è incapace di ritornare anche solo parzialmente a un precedente stadio già realizzato dai suoi antenati”. In pratica, se qualcosa viene perso lungo il cammino evolutivo, viene perso per sempre e non può essere ri-evoluto.

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Mice and the city

Il post di oggi è frutto dalla lettura di un articolo appena uscito su PlosONE che mi aveva già interessato quando era stato pubblicato in anteprima su PeerJ. Anche Carl Zimmer ha scritto un post sull’argomento e io, lungi da voler riscaldare la minestra, ho pensato di parlarne anche qui, approfittandone per introdurre qualche nozione di ecologia urbana.

Quando pensiamo alla parola “biodiversità” generalmente la associamo a immagini di lussureggianti foreste tropicali o di colorate barriere coralline. Non certo al grigio e monotono panorama cittadino. Tuttavia è sufficiente fare una passeggiata in un parco di sera o guardarsi intorno quando si fa jogging al mattino presto per scoprire che il deserto d’asfalto non è davvero “deserto”.

Sì, sono stato a casa quest’estate. Passiamo oltre.

Molte specie hanno imparato a vivere a stretto contatto con l’uomo. Da sinistra verso destra un piccione selvatico occidentale (Columba livia), uno scarafaggio nero comune (Blatta orientalis) e 4 esemplari di Testudo kawabangii.

Molte specie hanno imparato a vivere a stretto contatto con l’uomo. Da sinistra verso destra un piccione selvatico occidentale (Columba livia), uno scarafaggio nero comune (Blatta orientalis) e 4 esemplari di Testudo kawabangii. Immagini Wikimedia Commons

Più della metà della popolazione mondiale vive oggi in aree definite come “urbane”. Nel mondo le città con oltre 1000000 di abitanti sono circa 300 mentre almeno 20 megalopoli eccedono i 10000000 di concittadini. Tra migrazioni e nuove nascite ogni anno le metropoli guadagnano 67 milioni di persone.

Non siamo ancora su Coruscant ma ci siamo capiti.

Pur trovandosi in luoghi estremamente diversi, le città costituiscono ambienti con caratteristiche simili tra loro. La scarsa vegetazione, l’elevato numero di abitanti e i materiali di cui sono costruiti gli edifici favoriscono una temperatura generalmente più alta in città rispetto alle periferie. I fortunati che hanno la possibilità di visitare Bologna il 15 di Agosto sanno di cosa parlo. I corsi d’acqua, quando presenti, risultano fortemente alterati e ricevono ingenti quantità di nutrienti organici e inorganici frutto delle attività umane nella zona. Anche la composizione del suolo viene spesso alterata dalla presenza di metalli pesanti frutto del traffico cittadino e delle emissioni industriali. Per quanto riguarda le specie animali e vegetali, in città si osserva generalmente un minor numero di specie rispetto alle aree non urbane.

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L’amore ai tempi della selezione sessuale

L’argomento di questo post mi è particolarmente caro (inserite la vostra battuta qui) perché è stato l’oggetto della mia tesi di laurea triennale. Sono stato quindi piacevolmente sorpreso dallo scoprire che un nuovo lavoro, avente per oggetto degli uccelli (inserite la vostra seconda battuta qui), è stato selezionato come “Editor’s choice” questo mese su Behavioral Ecology.

Aaaah Agosto Settembre! Le giornate cominciano ad accorciarsi ma sono ancora gradevoli. L’uva matura nei vigneti mentre ragazzini urlanti giocano sulla riviera le ultime partite di beach-volley della stagione. Ed è proprio la battigia uno dei luoghi preferiti dall’umanità per portare avanti un meccanismo evolutivo più antico della nostra stessa specie: la selezione sessuale.

Postulata dal grande Chuck D., la selezione sessuale è definita come “la ricerca e la scelta intraspecifica (all’interno della stessa specie) del partner” ed è alla base dell’evoluzione di caratteri morfologici e comportamentali che possono sembrare controproducenti se osservati unicamente sotto la luce della selezione naturale.

Nella teoria della selezione sessuale vi sono due aspetti distinti, la competizione intrasessuale e la competizione intersessuale. La prima descrive tutti quei casi in cui individui dello stesso sesso competono tra loro per avere accesso ad uno o più partner del sesso opposto. La competizione intersessuale prende invece in esame individui di sesso diverso e può essere definita come “la tendenza dei membri di un sesso ad accoppiarsi in maniera non casuale in accordo con il variare di uno o più tratti nei membri dell’altro sesso”.

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Due maschi di elefante marino (Mirounga leonina) si fronteggiano per aggiudicarsi la possibilità di accoppiarsi con un harem di femmine. A fianco, un maschio di fregata magnifica (Fregata magnificens) gonfia la sacca gulare per fare colpo su una femmina. Immagini Wikimedia Commons

Nella maggior parte dei vertebrati è la femmina a fare questa scelta. Questo accade perché l’investimento riproduttivo, cioè l’insieme delle energie spese per attività che vanno dalla produzione dei gameti alle cure parentali, non è uguale tra i due sessi. La femmina deve generalmente sopportare uno sforzo maggiore e, per questo motivo, è nel suo interesse scegliere un maschio che la sostenga il più possibile, ad esempio offrendole un territorio al riparo dai predatori e ricco di cibo. Oltre a questi benefici diretti esistono anche dei benefici indiretti derivanti dall’accoppiarsi con un maschio accuratamente selezionato, come una migliore salute della prole determinata dalla buona qualità genetica del padre.

Ma come fanno le femmine a capire se il loro “lui” è quello giusto?

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