L’Albero delle Termiti

Salve, sono Francesco Lami, forse vi ricorderete di me per guest posts come Un Insetto a Orologeria e Harmonia axyridis, ovvero come imparai a preoccuparmi e a temere la coccinella. Sono recentemente stato promosso a coautore del blog oltre che, apparentemente, a suo disegnatore ufficiale. Ottime notizie per tutti voi, perché se continua così la mia scalata al potere presto estrometterò del tutto il suo proprietario originale. Nel frattempo, eccovi un nuovo articolo.

Non si assomigliano molto, vero? E invece attenti, perché vi aspetta un colpo di scena che neanche nelle peggio soap operas. Immagini Wikimedia Commons.

Non si assomigliano molto, vero? E invece attenti, perché vi aspetta un colpo di scena che neanche nelle peggio soap operas. Immagini Wikimedia Commons.

Mi piace pensare che i miei interessi nel mondo della biologia siano relativamente diversificati. Ho una dignitosa collezione di fossili, me la cavicchio nell’identificazione delle più comuni piante locali, ero appassionato di erpetologia e, quando capita, mi diletto nel bird-watching, nello snorkeling e nella microscopia d’acqua dolce. Così mi ero detto: “Fra, vecchia quercia, hai già propinato ai lettori due articoli sugli insetti, questa volta parla di qualcosa di diverso”.

E invece niente, vi beccate un altro articolo sugli insetti.

D’altronde a chi gliene frega qualcosa di tigri e uccelli del paradiso quando si possono avere gli scarafaggi?

Vi è un luogo comune molto ripetuto, secondo cui alla scomparsa dell’uomo gli scarafaggi saranno il gruppo che dominerà la Terra. Se qualcuno andasse a riferirlo a loro, ed essi avessero magicamente assunto il dono della parola, la prima cosa che direbbero sarebbe: “Lol, alla scomparsa dell’uomo? Questo pianeta è già nostro!  I primi tetrapodi erano le nostre meretrici, i dinosauri le nostre prostitute, voi le nostre concubine e chiunque verrà dopo non farà differenza!”. La seconda cosa che farebbero a questo punto, a meno che Hollywood non mi abbia clamorosamente mentito, sarebbe di esibirsi in un numero di varietà.

Generalmente pensiamo agli scarafaggi come insetti infestanti degli appartamenti. Le specie più comuni nelle nostre case sono Supella longipalpa, Blattella germanica, Blatta orientalis e Periplaneta americana. A dispetto dei nomi si tratta, in tutti e 4 i casi, di specie di origine africana, introdotte in giro per il mondo nel corso dei secoli. Al di fuori della loro casetta nel continente nero, questi animali si sono molto affezionati al calore e all’abbondanza di cibo delle dimore umane (per altri dettagli sull’ecologia urbana si veda questo articolo), e sono diventati problematici in quanto bazzicando fra la sporcizia e i nostri luoghi di vita possono diventare vettori di malattie. Inoltre hanno il magico potere di cancellare decenni di femminismo, trasformando le femmine della nostra specie in stereotipi urlanti che si sollevano le sottane stando in piedi su una sedia.

Che ci crediate o meno, comunque, delle 4500 specie di scarafaggi del mondo solo una trentina sono infestanti.

Le rimanenti  scorrazzano libere in ambienti bucolici e pastorali o, più realisticamente, nella lettiera di vegetali decomposti del sottobosco, e non si azzarderebbero mai a mettere zampa in casa nostra, che poi c’è anche il rischio di trovare la TV accesa sul Grande Fratello. Anche se hanno tutti dei caratteri in comune (corpo depresso dorsoventralmente con cui infilarsi in fessure o sotto le foglie, antenne filiformi, due appendici dette cerci sul posteriore), gli scarafaggi presentano una notevole varietà di forme, e non è affatto vero che sono tutte bestiacce marroni una uguale all’altra; anzi, si offendono parecchio a sentire questi commenti razzisti e per vendicarsi escono di notte a strofinare le loro parti intime sui vostri spazzolini da denti.

Un piccolissimo assaggio della biodiversità degli scarafaggi. Immagini di Roach Crossing (LINK). Esatto, un sito interamente dedicato alla vendita e all’allevamento di blatte esotiche da compagnia. Se avete appena esultato, allora siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Un piccolissimo assaggio della biodiversità degli scarafaggi. Immagini di Roach Crossing. Esatto, un sito interamente dedicato alla vendita e all’allevamento di blatte esotiche da compagnia. Se avete appena esultato, allora siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Uno degli aspetti più interessanti di questi nobili animali, comunque, rimane anche uno dei meno noti: alcuni scarafaggi hanno unito le loro forze e hanno cooperato nella creazione di un superorganismo.

Questo perché le termiti sono in realtà scarafaggi.

Tradizionalmente si è sempre parlato di Blattodea per gli scarafaggi, Mantodea per le mantidi e Isoptera per le termiti; l’idea che tutti questi animali potessero essere riuniti in un solo ordine, i Dictyoptera, però, non è nuova. Diverse caratteristiche morfologiche e dell’ooteca (l’involucro in cui questi animali racchiudono le loro uova) portava a ritenere che mantidi e blatte facessero parte di un solo gruppo, e che fra le blatte si dovessero includere le termiti.

Ma che cos’è, poi, una termite?

Le termiti sono, insieme alle formiche e a diverse api e vespe, uno dei pochi gruppi di animali eusociali. Dalla regia mi informano che in un futuro indefinito avremo un guest post sull’eusocialità, quindi non mi dilungherò sui dettagli. Per farla breve, le termiti vivono in colonie organizzate in caste specializzate per compiti diversi: riproduzione (reali), difesa (soldati), approvvigionamento e cura della colonia (operai, che in alcune specie altro non sono che gli stadi più giovanili dei futuri soldati o reali). Più simili al classico e virile Dracula di Christopher Lee che al moderno ed effemminato Edward di Robert Pattinson, le termiti non apprezzano la luce e tendono a scavare gallerie o costruire strutture, anche spettacolari, in cui ospitare la colonia.

Termiti operaie e soldati (questi ultimi con le mandibole più grosse e la testa scura) e un esempio particolarmente monumentale della loro architettura. Immagini Wikimedia Commons.

Termiti operaie e soldati (questi ultimi con le mandibole più grosse e la testa scura) e un esempio particolarmente monumentale della loro architettura. Immagini Wikimedia Commons.

Un’altra caratteristica importantissima delle termiti è che molte specie mangiano legno; e non metaforicamente, come fa chiunque di noi quando compra un sandwich dai distributori dell’università. Questa loro caratteristica le rende importanti degradatori e quindi acceleratori dei cicli naturali della materia. In ogni caso, tutte le termiti digeriscono la cellulosa, che sia ottenuta da legno o da altre sostanze vegetali; alcune producono da sé gli enzimi necessari per farlo, le cellulasi (e sono fra i pochissimi animali che ci riescono), mentre la maggior parte è aiutata da protozoi e batteri simbionti che vivono nel loro intestino, come molti erbivori.

Ciò fa sorgere un problema: l’esoscheletro degli insetti non interessa solo la parte esterna del corpo, ma si introflette anche nei tratti anteriore e posteriore del tubo digerente. Quando l’animale crescendo fa la muta (ecdisi), perde anche queste parti, e con esse anche tutti i preziosi microorganismi simbionti che erano contenuti nella parte terminale dell’intestino. Senza contare che tutti i nuovi nati sono privi di tali microorganismi. Questo rende vitale il comportamento di trofallassi proctodeale, che significa, senza mezzi termini, che una termite va a mangiarsi quello che esce dalla parte posteriore di un’altra, per fare il pieno di nuovi simbionti. Se vi viene in mente il film The Human Centipede – First Sequence, congratulazioni: abbiamo gli stessi gusti cinematografici. Il che dovrebbe preoccupare i vostri amici e parenti.

Ora, molte blatte hanno comportamenti gregari; i meno puliti tra voi avranno avuto a volte l’esperienza di spostare un mobile in cucina e trovarsi protagonisti di una scena simile a questa . Anche se non raggiungono minimamente il livello di organizzazione a caste della società delle termiti, esistono comunque blatte che non solo tendono a formare colonie, ma sono anche mangiatrici di legno (in cui scavano gallerie grossolanamente regolari), hanno simbionti per la digestione della cellulosa e se li passano fra loro praticando la sempre signorile usanza della trofallassi proctodeale. Vi suona familiare?

Unendo i puntini, quindi, si era già intuito che le termiti potessero essere un tipo molto specializzato di blatta, e che avessero un antenato comune proprio con gli ultimi scarafaggi che ho descritto, appartenenti al genere Cryptocercus. Un tantinello più di recente ulteriori dati hanno confermato tale idea: si tratta di informazioni provenienti direttamente dal DNA, grazie alla disciplina detta filogenesi molecolare. E a questo punto direi che vale la pena spendere qualche parola su cos’è la filogenesi molecolare, visto che questo è pur sempre un blog divulgativo; so che molti di voi al solo leggere queste due parole arcane avranno lanciato rantoli soffocati di orrore, ma non vi preoccupate – mi manterrò sul semplice, anche perché non è certo il mio campo.

Se siete proprio allergici a queste cose saltate i prossimi tre paragrafi, ma almeno vergognatevi un pochino nel farlo.

Filogenesi molecolare: contiene meno donne nude di quello che l'immagine potrebbe farvi credere

Filogenesi molecolare: contiene meno donne nude di quello che l’immagine potrebbe farvi credere. Immagine Claire D’Alberto via The Loom.

Neanche a farlo apposta, proprio al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, dove il leggendario staff di questo blog studia, c’è un gruppo di ricerca sulla filogenesi molecolari delle termiti. Quindi questo intero articolo, a seconda dei vostri gusti, potrebbe essere visto come uno spot pubblicitario all’Unibo o un monito a tenersi alla larga da queste lande. La giornata – tipo di chi è nel suddetto gruppo di ricerca, comunque, consiste nel guardare al microscopio i genitali di centinaia di termiti, poi triturarle, estrarne il DNA e tentare di capire quale termite è andata a letto con quale altra termite. L’Uomo della Strada starà certamente pensando che questi individui tutte le notti andranno a letto piangendo. Quindi che cosa li porta avanti in questa loro missione di vita?

Il mestiere di filogenetista molecolare è oggi uno dei più importanti nello studio delle relazioni evolutive fra gli organismi, e quindi teoricamente anche nella quantificazione e nella conservazione della biodiversità, fra le altre applicazioni; in pratica spesso si traduce in una vita solitaria seguita da una morte precoce per avvelenamento da bromuro di etidio. La filogenesi altro non è che la ricostruzione della storia evolutiva dei viventi; vengono considerati gruppi “naturali”, e quindi validi nella classificazione tassonomica, solo quelli monofiletici – vale a dire, i gruppi di organismi che includono un progenitore comune e TUTTI i suoi discendenti. In questo modo, la tassonomia va a rispecchiare la genealogia dei viventi. Come già spiegato in questo articolo, il risultato di questo tipo di studi è una sorta di albero genealogico (o meglio filogenetico) degli organismi studiati.

La filogenesi si può ricostruire con una varietà di dati, inclusi quelli morfologici ed etologici (basati rispettivamente sulla forma e il comportamento degli organismi), ed è sempre bene confrontare gli alberi filogenetici ottenuti con metodi diversi in modo da vedere quanto sono coerenti (e quindi quanto è probabile che rispecchino le vere relazioni evolutive); di recente è però diventata preponderante la filogenesi molecolare, uno dei cui  vantaggi consiste nel fatto che fornisce una quantità di dati enorme, vista l’enormità della sequenza di DNA. Il DNA viene estratto, purificato e sequenziato attraverso tutta una serie di metodologie su cui non mi soffermerò; le sequenze di diversi organismi vengono quindi confrontate con appositi software basati su differenti modelli evolutivi e, a seconda di quanto le sequenze si assomigliano, il software restituisce l’albero filogenetico (o cladogramma) più probabile e coerente col modello evolutivo scelto. Non fa mai male infatti ribadire che le mutazioni genetiche interessano il DNA di tutti gli organismi nel corso dell’evoluzione, e quindi permettono il confronto fra di essi. Per inciso, saperne un minimo di mutazioni genetiche rende davvero difficile guardare un film degli X-Men senza ridere, che è un vantaggio mica da poco visto che tutti quei film tranne First Class sono un affezionato monumento alla depressione clinica.

Una volta spiegato tutto questo, quindi, basti dire che uno studio del genere è stato nel 2007 compiuto sui Dictyoptera, confrontando un terzo delle famiglie di mantidi e tutte quelle di blatte e termiti. Come ho spoilerato all’inizio le mantidi e le blatte sono due sottogruppi dello stesso ordine, e le termiti sono un particolare gruppo di blatte strettamente imparentato con quei simpatici mangiatori di legno noti come Cryptocercus, che vi ho descritto qualche paragrafo fa: questo è uno di quei casi, molto soddisfacenti per i ricercatori, in cui le conclusioni ricavate da dati morfologici, ecologici e molecolari si confermano e rafforzano l’una con l’altra. In altre situazioni non è raro che invece i dati siano in disaccordo e qualcuno finisca in un angolo a piangere.

Una versione ipersemplificata dell’albero evolutivo dei Dyctioptera, in cui si vede come le termiti e Cryptocercus siano posizionati vicini all’interno delle blatte. I numeri su alcuni rami indicano la

Una versione ipersemplificata dell’albero evolutivo dei Dyctioptera, in cui si vede come le termiti e Cryptocercus siano posizionati vicini all’interno delle blatte. I numeri su alcuni rami indicano la comparsa nell’evoluzione di determinate caratteristiche morfologiche ed ecologiche che non mi metto a elencarvi qui se no ciao. Immagine di Inward et al. (2007).

Ma a questo punto perché fermarsi al DNA degli insetti, quando non sono certo gli unici protagonisti di questa storia? I più attenti di voi si ricorderanno che la caratteristica più saliente che accomuna termiti e Cryptocercus è la comunità di microorganismi simbionti dei loro tratti digerenti; e come tutti i viventi, anche queste comunità si saranno evolute nel tempo e possono dare informazioni sulla storia dei loro ospiti a sei zampe.

Considerando che con batteri e protozoi l’uso di caratteri morfologici è molto limitato, in questo caso i metodi molecolari sono ancora più vitali per la ricostruzione della storia evolutiva, o anche solo per l’identificazione di generi e specie di microorganismi. Perché diciamolo, molte robe unicellulari tendono un po’ ad assomigliarsi fra loro, il che rende tutti i loro film simili a versioni per protozoi di Essere John Malkovich. I dati ottenuti sembrano confermare le precedenti conclusioni. Non solo ci sono somiglianze fra la flora batterica intestinale delle termiti e di Cryptocercus, ma anche fra quella delle termiti e quella di altre specie più evolutivamente distanti di blatte come Shelfordella lateralis, parente di alcuni scarafaggi infestanti delle case. Anche se ovviamente le differenze di ecologia fra le termiti e Cryptocercus che sono xilofaghe (leggi: mangiatrici di legno) e l’onnivora Shelfordella influenzano la microflora intestinale e fanno sì che l’onnivora abbia alcuni microorganismi in comune con specie distanti quali topi e mucche.

Activia gli fa un baffo. E noi impariamo come sia l’ambiente di vita sia la storia evolutiva possono influenzare determinate caratteristiche di un organismo.

E così, mentre l’eusocialità, il cosiddetto superorganismo, si evolveva in vari Imenotteri come molte api e vespe e la totalità delle formiche, un gruppo di scarafaggi osò sollevarsi per strappar loro l’esclusiva; nutrendosi amorevolmente l’uno dal deretano dell’altro per passarsi i preziosi simbionti, e sviluppando via via una società sempre più complessa, si ersero a testimonianza dell’enorme varietà e adattabilità di queste antiche creature.

FONTI

  • Inward, Daegan, George Beccaloni, and Paul Eggleton. “Death of an order: a comprehensive molecular phylogenetic study confirms that termites are eusocial cockroaches.” Biology Letters 3.3 (2007): 331-335.
  • Nalepa, Christine A. “Colony composition, protozoan transfer and some life history characteristics of the woodroach Cryptocercus punctulatus Scudder (Dictyoptera: Cryptocercidae).” Behavioral Ecology and Sociobiology 14.4 (1984): 273-279.
  • Schauer, Christine, Claire L. Thompson, and Andreas Brune. “The bacterial community in the gut of the cockroach Shelfordella lateralis reflects the close evolutionary relatedness of cockroaches and termites.” Applied and environmental microbiology 78.8 (2012): 2758-2767.

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