Le cronache del ghiaccio e del lemming

Due comunicazioni rapidissime. Prossimamente il blog ospiterà anche articoli ridotti (tipo <1000 parole) in una nuova rubrica per cui devo trovare ancora un acronimo intrigante e assolutamente indicato per una persona della mia età. I L.AMA.N.T.IN.I tornano poi al venerdì. Ora che siete pronti ad incominciare mettete come sottofondo questo.

“Ascolta il mio ruggito” è il noto motto di casa Lemmingster. Immagine Wikimedia Commons

“Ascolta il mio ruggito” è il noto motto di casa Lemmingster. Immagine Wikimedia Commons

La tundra è uno di quei posti dove davvero non ci sono le mezze stagioni. Le temperature variano da una media di –15/-25° durante l’inverno a qualche grado sopra lo 0 d’estate. Il permafrost, presente a pochi centimetri dalla superficie, impedisce la crescita di tutto ciò che non sia un muschio, un lichene o piante arbustive come le ericaceae. In molti casi, come nel nordest della Groenlandia, il terreno è poi ricoperto dalla neve per 8/9 mesi ogni anno e l’estate vera e propria non dura che il tempo necessario per un paio di apericene dal prezzo gonfiato. Lo scenario, oltre ad essere perfetto per fare centinaia di foto #OMGSNOW, sembrerebbe ostile a qualsiasi tipo di fauna.

E lo è.

Ma la vita ha trovato il modo e quindi, anche se la quantità di specie non è paragonabile a quella che potremmo osservare in una foresta pluviale, anche nella tundra possiamo trovare animali il cui solo nome evoca leggende.

I lemming.

I lemming sono roditori appartenenti ai 4 generi Dicrostonyx, Lemmus, Synaptomys e Myopus. Questi animali sono perfettamente adattati alla vita nella tundra, grazie anche ad una folta pelliccia e ad appendici ridotte (ricordate la Regola di Allen?). Il lemming dal collare settentrionale (Dicrostonyx groenlandicus) arriva al punto di proclamare il suo amore per la neve sfoggiando un manto totalmente bianco all’arrivo dell’inverno. Sì perché i lemming non vanno in letargo. Durante il lungo inverno artico questi roditori costruiscono una serie infinita di gallerie all’interno del manto nevoso dove, riparati dalle temperature estreme della superficie, fanno ciò per cui l’ordine a cui appartengono è famoso: si riproducono. Una femmina di lemming norvegese (Lemmus lemmus) sforna mediamente 7 piccoli ad ogni cucciolata, che a loro volta raggiungeranno la maturità sessuale dopo soli 14 giorni. Se il cibo non scarseggia la popolazione di queste palle di pelo può crescere esponenzialmente nel giro pochi anni.

I lemming sono anche specie chiave per l’ecosistema della tundra. In Groenlandia, ad esempio, il lemming dal collare settentrionale è l’unico roditore adattato alle rigide temperature artiche e rappresenta la fonte di cibo principale per altri mammiferi come l’ermellino (Mustela erminea) e la volpe artica (Alopex lagopus). Negli anni in cui il numero di lemming è elevato anche il labbo coda lunga (Stercorarius longicaudus) e la civetta delle nevi (Bubo scandiacus) decidono di approfittarne. I roditori forniscono a tutte queste specie la possibilità di avere una fonte di cibo sicura grazie alla quale mettere su famiglia e sopravvivere.

Tre predatori di lemming e una mascotte per scuole di magia con norme di sicurezza da rivedere. Immagini Wikimedia Commons

Tre predatori di lemming e una mascotte per scuole di magia con norme di sicurezza da rivedere. Immagini Wikimedia Commons

Ora, so che non siete qui unicamente per l’intrinseca tostezza dei lemming. Permettetemi solo di prendere il mio cappello di carta stagnola prima di parlare di ciò che più si sente ripetere quando si citano questi roditori. Il mito del suicidio di massa.

La maggior parte di voi lo saprà ma permettetemi di ribadirlo: no, i lemming non si lanciano dalle scogliere. Nemmeno dopo aver visto in lacrime il nuovo teaser di Amazing Spiderman 2 (ehi, mettiamo 3 cattivi, ha funzionato così bene l’altra volta!).

Trovare l’origine di questa leggenda non è difficile. Essa è nata là dove il male si cela nella sua forma più bieca, un luogo putrido dove, salvo rare eccezioni, le idee vanno a morire per poi venire riportate in vita come marionette recitanti gag demenziali. Il nome è di quelli che non vengono nemmeno sussurrati nei più oscuri anfratti di Mordor e che fanno svegliare di soprassalto Freddie Kruger.

Disney.

Già nel 1955 Carl Barks, storico autore e padre di Paperon de’Paperoni, disegnò “The Lemming with the Locket”, una storia in cui i simpatici roditori vengono raffigurati mentre saltano in massa dalle scogliere.

-Senti coso, Topolino non è un trattato di ecologia, ci sono paperi che mangiano altri volatili per pranzo!-

Datemi tempo.

Nel 1958 la Walt Disney Production realizzò un documentario chiamato White Wilderness dove, in una scena diventata estremamente famosa, si vedono dei veri lemming saltare da una vera scogliera e nuotare verso il mare aperto (. Le immagini sono toccanti e il narratore ha quella bella voce da istituto Luce che ti fa dire “ehi, di questo io mi fido, domani si parte per l’Abissinia!”. Poco importa che le immagini siano totalmente false.

Gli autori del documentario si fecero portare dei lemming, qualche decina, per poi farli cadere nel vuoto grazie a una piattaforma di legno nascosta sotto terra e neve. Le scene vennero successivamente montate in modo da far sembrare i pochi animali come centinaia. A dispetto delle invettive di Leonardo di Caprio, White Wilderness vinse l’oscar come miglior documentario nel 1958 e, da allora, il mito del suicidio di massa è cristallizzato nella cultura popolare.

La cosa che mi sorprende è che questo mito può essere sfatato con un ragionamento basato sulla selezione naturale (semplificata).

Ipotizziamo di avere una popolazione di lemming cronicamente depressa che si suicida ciclicamente. Ora, per quanto ne so io, lanciarsi da una scogliera non causa benefici sostanziali all’organismo che lo fa. Se tra questi individui nascono, per caso, alcuni roditori che sono sufficientemente contenti della loro vita da non compiere l’insano gesto, questi avranno un immediato vantaggio. I lemming felici, non suicidandosi, lasceranno più discendenti che, a loro volta, vivranno più a lungo e produrranno una prole più numerosa rispetto ai loro cugini che ascoltano James Blunt. Questi animali defezionisti diverrebbero velocemente la norma nella popolazione.

Anche se la causa non è il suicidio, il numero di questi roditori cambia realmente di anno in anno. Vi sono annate durante le quali i lemming sono estremamente pochi ed estati in cui, invece, allo sciogliersi delle nevi la tundra è un lemming-party. Questo andamento ciclico è talmente noto che nel 1530 il geografo Jaco Ziegler propose la teoria che i lemming cadessero dal cielo durante una tempesta e sparissero all’arrivo della primavera successiva. Pur non volendo togliere nulla a questa spiegazione, e morendo dalla voglia di testarla a livello sperimentale (sarebbero i veri nati dalla tempesta dopotutto), la realtà è diversa.

Ma non meno affascinante.

Un lemming odia l’estate ancora più di un proprietario di impianti sciistici. Immagine Wikimedia Commons

Un lemming odia l’estate ancora più di un proprietario di impianti sciistici. Immagine Wikimedia Commons

In Groenlandia il lemming dal collare segue un regolare ciclo di 4 anni, durante i quali l’ampiezza della popolazione varia enormemente. In estate, quando il numero di roditori è molto elevato, non è difficile per i predatori procurarsi un abbondante pasto giornaliero, vista anche la scarsità di ripari e la necessità dei lemming di nutrirsi. Le civette e i labbi, in particolare, sono cacciatori estremamente efficaci e riescono a portarsi a casa la preda 2 volte ogni 3 tentativi (i leoni, mediamente, ce la fanno nel 30% dei casi). L’azione di questi due predatori, combinata con quella della volpe artica, impone ai lemming un numero di perdite degno di un libro di Martin (anche 60-80% della popolazione totale).

Per molto tempo si è pensato che fossero questi predatori estivi a guidare gli aumenti e le diminuzioni cicliche di individui, recentemente però il loro ruolo è stato ridimensionato. Al sopraggiungere dell’inverno i lemming sono al riparo dagli attacchi aerei grazie alla coltre nevosa. Qui, all’interno della fitta rete di gallerie, possono procurarsi il cibo senza la minima necessità di uscire in superficie. Nemmeno le volpi artiche riescono a  raggiungerli e, se lasciati indisturbati, potrebbero riprodursi senza problemi fino all’anno successivo.

Ma anche l’inverno ha i suoi predatori.

L’ermellino può seguire i lemming nei cunicoli, cacciarli e usare i loro nidi per crescere i propri piccoli. È lui a destabilizzare la crescita invernale delle popolazioni dei roditori e, in definitiva, definirne l’andamento ciclico. L’interazione preda-predatore tra i due è talmente stretta da riflettersi nelle densità delle rispettive popolazioni.

Quando gli ermellini sono pochi, i lemming si riproducono esponenzialmente, aumentando velocemente di numero e causando le annate di boom popolazionistico. Ma la disponibilità di più prede significa anche più cibo per i predatori, motivo per cui gli ermellini cominceranno ad avere più risorse per mettere su famiglia e aumenteranno a loro volta. Mano a mano che i predatori aumentano, cresce anche il numero di prede che questi animali tolgono dalla comunità, fino a quando i nuovi nati tra i lemming riescono a malapena a sostituire gli individui predati. A questo punto la popolazione di lemming smette di crescere e, se gli ermellini intensificano ancora la caccia, comincia a diminuire. La popolazione può raggiungere anche densità molto basse, al punto che i lemming sembrano sparire totalmente da un’area che solo qualche anno prima ne racchiudeva a vagonate. Un minor numero di prede però non può dare cibo allo stesso numero di predatori di prima, quindi anche questi ultimi, dopo un po’, calano di numero. Questo permette ai roditori di tirare un sospiro di sollievo e, quando i nuovi nati superano nuovamente gli individui predati, ricominciare il ciclo.

L’aumento o la diminuzione nel numero dei lemming (i quadrati neri) è seguito da un corrispondente aumento o diminuzione nel numero di ermellini (i pallini bianchi). La freccia nera indica un anno(1999) in cui gli ermellini sono aumentati nonostante i lemming siano diminuiti. La cosa sembra essere stata causata dalla morte di 15 buoi muschiati, che hanno fornito altro cibo agli ermellini durante l’inverno. La storia della loro morte è misteriosa ma sembra collegata all’uscita nei cinema di “La minaccia fantasma”. Immagine modificata da Sabard et. al 2006

L’aumento o la diminuzione nel numero dei lemming (i quadrati neri) è seguito da un corrispondente aumento o diminuzione nel numero di ermellini (i pallini bianchi). La freccia nera indica un anno(1999) in cui gli ermellini sono aumentati nonostante i lemming siano diminuiti. La cosa sembra essere stata causata dalla morte di 15 buoi muschiati, che hanno fornito altro cibo agli ermellini durante l’inverno. La storia della loro morte è misteriosa ma sembra collegata all’uscita nei cinema di “La minaccia fantasma”. Immagine modificata da Sabard et. al 2006

Quindi il ciclo dei lemming può essere definito senza problemi come un altro M.M. (Momento Mufasa). Ma cosa succede quando questa altalena demografica si ferma?

A meno che non abbiate vissuto sotto un sasso fino ad oggi (una scelta di abitazione che definirei   “ a la Patrick” conoscerete già la tematica del riscaldamento globale. Il fenomeno è particolarmente accentuato nella regione artica, dove l’aumento delle temperature medie nei prossimi 100 anni è stimato nell’ordine di 4-7°. Il risultato di questo incremento andrà direttamente a colpire la cosa che più sta a cuore a ogni lemming: la neve. Se le nevi si sciogliessero prima del tempo, i lemming diventerebbero prede vulnerabili prima di essersi riprodotti al massimo delle loro possibilità. Quando anche la copertura nevosa resistesse, l’aumento delle precipitazioni e lo scioglimento di alcuni strati superficiali causerebbero un allagamento del terreno sottostante. Quest’acqua, risolidificandosi, formerebbe strati di ghiaccio nei quali si troverebbero ad essere intrappolati i vegetali di cui i lemming si nutrono abitualmente.

Le conseguenze di tutti questi fattori sono molte. Olivier Gilg e colleghi concordano che il risultato più probabile sarà un allungamento della durata dei cicli e una diminuzione di individui al momento dei picchi di popolazione. Col passare del tempo, se la situazione rimarrà invariata,  gli autori propongono che il ciclo popolazionistico dei lemming si interrompa e che l’aumento/diminuzione del loro numero perda il carattere di ciclicità tipico delle popolazioni di queste specie.

Dato che Gilg e colleghi non si aspettavano che mi fidassi delle loro previsioni, hanno provveduto a snocciolarmi qualche dato.

Can I haz snow pls? Immagine  MacPherson, A. H.

Can I haz snow pls? Immagine MacPherson, A. H.

Prendendo in esame alcuni siti in Groenlandia abitati dal lemming dal collare, gli studiosi hanno notato che alle latitudini maggiori (Hochstetter Forland), dove la copertura nevosa resiste ancora come un tempo, il ciclo dei lemming continua ad avere il solito andamento quadriennale. Già nella Groenlandia nordorientale (Zackenberg) il normale ciclo è assente dal 2000 e, fino ad oggi, la densità di roditori è rimasta piuttosto bassa.

Più a sud il ciclo è cessato dagli anni 70.

L’impatto sulle altre specie non si è fatto attendere. A Zackemberg il numero di ermellini è calato drasticamente, come pure il numero di nidi di labbi coda lunga. Nessuna civetta delle nevi nidifica più a Zackemberg da 12 anni. La volpe artica è ancora relativamente al sicuro in quanto, essendo un’abile generalista, è più adatta a utilizzare risorse diverse ai lemming. Tuttavia le temperature più miti potrebbero favorire l’ingresso di nuove specie, come la volpe (Vulpes vulpes, quella regular), creando situazioni di competizione.

In Siberia il ciclo del lemming siberiano (Lemmus sibericus) ha da sempre influenzato le dimensioni della popolazione di oca colombaccio (Branta bernicla). Nelle annate di boom i predatori si concentrano sui lemming, permettendo la schiusa di molte uova e la crescita dei pulcini. Ora  che il ciclo dei roditori si è attenuato anche in queste zone il numero dei nuovi nati è fortemente ridotto.

Gli effetti dell’allungamento dell’estate in tutta la regione circumpolare sono estremamente numerosi e difficili da identificare singolarmente. Una cosa però è oramai certa: l’importanza dei lemming va ben oltre la loro taglia. Questi roditori permettono l’esistenza di una delle più semplici reti trofiche del pianeta e la fluttuazione regolare delle loro popolazioni ha alimentato per anni l’immaginario collettivo. Ma i lemming tutto questo non lo sanno e continuano ogni anno a vivere sperando che l’antico motto del loro più nobile casato si realizzi di nuovo:

Che l’inverno stia arrivando.

FONTI

  • Schmidt, N. M., Ims, R. a, Høye, T. T., Gilg, O., Hansen, L. H., Hansen, J., … Sittler, B. (2012). Response of an arctic predator guild to collapsing lemming cycles. Proceedings. Biological sciences / The Royal Society, 279(1746), 4417–22.
  • Gilg, O., Sittler, B., & Hanski, I. (2009). Climate change and cyclic predator-prey population dynamics in the high Arctic. Global Change Biology, 15(11), 2634–2652. doi:10.1111/j.1365-2486.2009.01927.x
  • Kausrud, K. L., Mysterud, A., Steen, H., Vik, J. O., Østbye, E., Cazelles, B., … Stenseth, N. C. (2008). Linking climate change to lemming cycles. Nature, 456(7218), 93–7.
  • Sabard, B., Hurstel, A., Delattre, P., Hanski, I., & Gilg, O. (2006). Functional and numerical responses of four lemming predators in high arctic Greenland. Oikos, 113, 193-216

Un Commento

  1. Pe

    Grazie per le tue ricorrenti frecciatine a Carlo B.
    Vorrei sinceramente avere il suo contatto.
    Comunque molto interessante come sempre, grazie.

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