L’odore del mare

ResearchBlogging.orgAaaaah, il mare! Con l’arrivo della bella stagione il richiamo della battigia è inevitabile. Il Dodo si adegua e vi propone un tuffo nelle gelide acque oceaniche, alla ricerca dei microscopici organismi che le popolano. Lunedì prossimo non ci sarà un articolo. Questo non tanto a causa delle imminenti festività pasquali ma, piuttosto, per permettervi di andare a vedere Divergent. Perché se io soffro è giusto che lo facciate anche voi.

Diatomee, quando fare i fighi con la storia dei fiocchi di neve non basta più. Immagine Wikimedia Commons

Diatomee, quando fare i fighi con la storia dei fiocchi di neve non basta più. Immagine Wikimedia Commons

Avete mai inciso le iniziali della vostra adorata sulla corteccia di un albero? Ecco no, non fatelo. A parte rendere il povero vegetale più vulnerabile all’attacco dei parassiti, la vostra nuova fiamma penserà che siate dei disagiati lettori di Harmony e, schifata, vi mollerà per un tizio che sa a malapena pronunciare il suo nome.

Tuttavia, nel caso siate caduti preda del quindicenne dentro di voi, avrete sicuramente notato che l’albero non ha manifestato il suo dissenso urlando. Siamo talmente abituati a rapportarci con reazioni immediate (provate a scrivere Beppe<3Chiara sulla schiena del tizio che solleva 140 chili in palestra) che non facciamo caso ai cambiamenti più sottili.

Maniaci grafomani a parte, le piante (e i produttori primari in genere) si trovano a fronteggiare ogni giorno l’attacco degli animali erbivori. Oltre a difese “fisiche”, come spine e corteccia, alcune di loro hanno evoluto delle sostanze chimiche da rilasciare nell’ambiente in caso di attacco. A meno che non vi troviate a Fangorn, questi composti non sono diretti ad altre piante, bensì verso animali che si nutrono di erbivori. Agendo come un faro, queste sostanze guidano i predatori ad un pasto assicurato, liberando la pianta dall’assedio.

Questo tipo di interazione pianta<-erbivoro<-predatore è stata studiata parecchio sulla terraferma, principalmente usando gli insetti. Ma cosa succede quando ci spostiamo nel mare?

Per capirlo dobbiamo restringere un po’ il nostro campo visivo.

Le diatomee sono piccolissime alghe che popolano gli oceani di tutto il mondo. Questi organismi unicellulari formano la maggior parte del fitoplancton, cioè la parte fotosintetica sospesa nella colonna d’acqua. Oltre a produrre una marea di ossigeno ogni anno (senza venire abbracciati dai tizi di Greenpeace), queste alghe sono alla base della catena alimentare oceanica. Pensate a loro come ad una sorta di prato acquatico fluttuante, pronto per essere brucato dagli erbivori marini. Questi ultimi, solitamente piccoli crostacei come il krill, formano banchi sterminati di microscopici organismi che non fanno altro tutto il giorno se non sgranocchiare alghe.

Il fatto che questa semplice interazione sia presente negli oceani di tutto il mondo non significa che le diatomee la amino particolarmente.

Quando uno di questi gamberetti mangia un succulento boccone di alghe, rompe la loro parete cellulare, provocando la fuoriuscita di diverse sostanze. Tra i vari composti chimici che vengono riversati in acqua, ce ne interessa uno in particolare: Il dimetilsolfonio propionato (DMPS). Non fatevi intimidire dal nome, ci ho messo la sigla apposta, vi basti sapere che questa sostanza viene usata dalle alghe come “antigelo” e per mantenere costante il loro volume. Quando il DMPS viene rilasciato, un enzima lo scompone in altre due sostanze chimiche: il dimetilsolfuro (DMS) e l’acido acrilico. Dimenticatevi pure dell’ultimo e concentrate la vostra attenzione sul DMS. Questo composto ha ricevuto molta attenzione ultimamente per il ruolo che ha nella regolazione del clima, aggregando il vapore acqueo in nuvole che bloccano la radiazione solare. Il DMS ha anche un odore salmastro e sgradevole che, apparentemente, attira grandi predatori marini come pesci, cetacei e uccelli.

Euphausia superba o krill antartico, un terribile divoratore di alghe. Immagine Wikimedia Commons

Euphausia superba o krill antartico, un terribile divoratore di alghe. Immagine Wikimedia Commons

Come potete immaginare, testare questa ipotesi su amanti del krill come gli squali balena è problematico. Questi giganteschi pesci cartilaginei, infatti, non amano le Università, dove vengono solitamente scherniti dagli studenti per aver scelto di frequentare ingegneria gestionale. Fortunatamente non tutti i predatori hanno questo problema.

I Procellariformi, chiamati anche con il termine generico di procellarie, sono un ordine di uccelli marini a cui è capitato di vedersi assegnato un nome particolarmente tosto. Questo perché procella in latino significa tempesta (e io lo so perché la mia ragazza ha avuto la pietà di spiegarmelo). I pennuti in questione trascorrono la maggior parte della loro vita in mare, toccando terra unicamente quando arriva il momento di riprodursi e allevare i piccoli. A differenza di altri uccelli, molte specie di Procellariformi sembrano fare affidamento sull’olfatto per cacciare le loro prede, il che li rende i candidati ideali per testare l’ipotesi del DMS.

Analizzando la dieta di diverse specie di Procellariformi che abitano l’oceano Australe, Mattew Savoca e Gabrielle Nevit dell’UC Davis hanno scoperto che alcuni di questi mangiano, effettivamente, troppo krill. L’80% della dieta di uccelli come Fregetta tropica è rappresentato da crostacei, mentre pesce e molluschi vengono consumati in minima parte. Sorprendentemente,questo sbilanciamento è presente solo nelle specie che mostrano capacità di annusare il DMS. Se in questo momento Adam Kadmon sta urlando nella vostra testa <COINCIDENZE???> state tranquilli, non siete i soli.

E la cosa sembrerebbe chiusa così. Le diatomee mangiate dai crostacei rilasciano il DMPS che, diventando DMS, attira i predatori sul luogo permettendo alle alghe sopravvissute di tirare un po’ il fiato. E invece, forse, i vantaggi non finiscono qui.

Pachyptila turtur, una procellaria che mangia parecchi gamberetti. Immagine Oystercatcher

Pachyptila turtur, una procellaria che mangia parecchi gamberetti. Immagine Oystercatcher

Tra i vari nutrienti essenziali per la crescita delle alghe, il ferro occupa un posto da protagonista. Nel mare questo elemento arriva soprattutto grazie all’azione del vento e dei fiumi, che lo trasportano dalla terraferma in piccolissimi quantitativi. Tuttavia alcuni oceani, come quello Australe, non hanno grandi ammassi continentali nelle loro vicinanze e le alghe che vi abitano devono trovare altri modi per procurarsi il ferro. Certo, se potessero squartare un gamberetto, il loro problema sarebbe facilmente risolto. Il krill è, infatti, un’ottima riserva di ferro e ognuno di questi microscopici crostacei ne contiene più di quando possiate trovarne voi nella vostra ciotola di cereali mattutina. Già, ma cosa potrebbe rendere disponibile questo elemento per le alghe?

Un’alta concentrazione di ferro nel corpo è tossica per gli uccelli marini. Dopo un abbondante pasto a base di krill, questi animali espellono le sostanze di scarto nella maniera classica e maleodorante. Dato che, come abbiamo detto in precedenza, le procellarie passano gran parte della loro vita in mare, è altamente probabile che questi rifiuti tornino in acqua. Sì, avete capito, uno dei “metodi alternativi” con cui le alghe si procurano il ferro è attraverso le feci dei predatori.

Pensate ad un mercatino vintage, solo con meno occhiali da hipster e più escrementi.

Savoca e Nevitt hanno accantonato il galateo (se volete leggervi roba glamour compratevi Cosmopolitan) e hanno calcolato quanto ferro venisse rilasciato ogni anno dagli uccelli marini abitanti la sola isola della Georgia del Sud. Considerando che circa 30 milioni di animali fanno il nido ogni anno in questa regione, i due ricercatori hanno stimato che il loro contributo in termini di ferro immesso in mare si aggirasse attorno alle 226 tonnellate. Sto facendo del mio meglio per non citare nuovamente il Dr.Malcolm.

Quindi, tirando le somme, le diatomee ricevono un doppio vantaggio dall’emettere DMS. Da un lato, l’arrivo dei predatori fa calare il numero di crostacei che si cibano di loro mentre, dall’altro, rende accessibile un prezioso nutriente che sarebbe altrimenti presente nel mare in quantità molto basse.

E non vi ho nemmeno detto quello che succede quando arrivano le balenottere.

FONTI

Savoca, M., & Nevitt, G. (2014). Evidence that dimethyl sulfide facilitates a tritrophic mutualism between marine primary producers and top predators Proceedings of the National Academy of Sciences, 111 (11), 4157-4161 DOI: 10.1073/pnas.1317120111

Kirst, G. O., Thiel, C., Wolff, H., Nothnagel, J., Wanzek, M., & Ulmke, R. (1991). Dimethylsulfoniopropionate (DMSP) in icealgae and its possible biological role. Marine Chemistry, 35(1), 381-388.

Un Commento

  1. Andrea

    Se avessi una minima idea di cosa è la letteratura italiana invece di leggere libri con le figure, ben sapresti cosa vuol dire la radice procella. O non ti ricordi “La procellosa e trepida
    gioia d’un gran disegno……”?

  2. Cla

    articolo interessante e molto divertente! quando arrivano le balenottere, le diatomee si sentiranno come in un open bar a base di cocktail al ferro 😀

  3. nicholaswolfwood

    Finalmente ho recuperato tutti i vostri articoli e posso farvi i complimenti: complimenti!
    E posso finalmente commentare i nuovi articoli!
    E visto che ho finito solo oggi tanto vale farvi anche gli auguri!

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