Quello che ci unisce al maluro
Bentornati al Volo del Dodo, il blog che crede fortemente nell’inviare una missione di tardigradi su una cometa. L’unico motivo per il quale gli USA non lo hanno ancora fatto è che non riescono a tatuare stelle e strisce così piccole. Occhio Europa.
Non tutti gli aspetti della teoria dell’evoluzione hanno ricevuto, negli anni, la stessa considerazione. Anche se oggi ci sembra normale il fatto che gli uccelli siano dinosauri e che i ragni non siano insetti, ritenerci parte integrante del percorso evolutivo ci sembra ancora sbagliato. L’idea che la nostra specie non sia il punto di arrivo di un grande disegno cosmico, un piano portato avanti per milioni di anni con l’unico obiettivo di produrre Fedez e Massimo Boldi, ci mette fortemente a disagio. Siamo abituati a sentirci speciali.
“È quello che ci distingue dagli animali”
Questa frase la sentite spesso, generalmente associata ad una cosa fatta anche da altri animali. Eppure l’evoluzione ci dice che siamo un’altra specie tra le tante affollanti i rami degli eucarioti, importante certo, ma a pari dignità dei tenrec, delle meduse e delle carote. Nonostante noi questa cosa la si sappia oramai da 100 e rotti anni, digerirla ci risulta ancora difficile. L’ origine della questione è probabilmente da attribuire ai riccioli meglio pettinati della penisola ellenica: Aristotele. Aristotele è giustamente considerato uno dei padri degli studi naturalistici (aveva già capito che le balene non erano pesci, per dirne una) ma ha anche creato un’idea semplice e, allo stesso tempo, fortemente sbagliata: la scala naturae. Questa era una immaginaria piramide dei viventi, classificati secondo il loro grado di importanza, con l’uomo che occupava un gradino più in alto rispetto a tutti gli altri animali. È questa scala, oramai fissa nell’immaginario collettivo, a portarci allo stupore quando leggiamo notizie come “Anche il topo canguro fa la fila alle poste, come le persone!” e “Non crederete mai a quello che ha fatto questo ragno ad un esponente del partito avversario, CLICCA QUI (senza adblock altrimenti sei fango) per le foto”.
Tuttavia, nonostante anni di test fuffa (vedi usare uno specchio per capire se un animale ci si riconosce) l’idea che forse i nostri comportamenti non siano unici sta guadagnando terreno. E quando due settimane fa una mamma mi disse riguardo al suo frugoletto <Riconosce la mia voce lui, è tutta testa!> la mia mente vagò verso un piccolo uccellino australiano.
Nella terra dei canguri e dei Primi Ministri che dovrebbero rifare qualche ora di scienze, vive Malurus cyaneus, un uccellino che chiameremo maluro superbo anche se la traduzione fa schifo. Nonostante la specie sfoggi la tipica differenza di ornamenti dovuti alla selezione sessuale oggi non ci concentreremo su questo aspetto, ma sulle sue cure parentali. Come molti altri uccelli il maluro superbo è spesso vittima del parassita di nidi per eccellenza: il cuculo. Vi ho già spiegato come funziona la battaglia tra il cuculo e la povera vittima, con il parassita che depone di nascosto un suo uovo nel nido del secondo, in modo che i suoi piccoli siano allevati a costo 0. Gli uccelli parassitati hanno spesso grossi problemi a riconoscere le uova del cuculo, a volte simili alle loro, e le difficoltà continuano anche dopo che queste si sono schiuse. Rigettare un pulcino senza esserne certi che non sia il proprio è un grosso azzardo per un genitore, visto il rischio di distruggere in pochi secondi una intera stagione riproduttiva. Per questo molto spesso le vittime del cuculo preferiscono allevare tutti i piccoli che hanno nel nido, incluso l’ospite indesiderato.
Ma il maluro no. Questo SOB piumato è capace di riconoscere un piccolo di cuculo e, nel caso, di abbandonare il nido per iniziarne uno nuovo. E fa bene, con la nascita del cuculo per i suoi piccoli non c’è più nulla da fare. L’uovo del parassita si schiude infatti prima degli altri ed il pulcino spinge le altre uova fuori dal nido come un Gerard Butler qualsiasi farebbe con un emissario persiano.
Ma come fanno le madri ad accorgersi dell’intruso? Durante gli ultimi giorni di cova le femmine di maluro superbo incominciano a cantare alle loro uova. Questo canto di incubazione continua fino alla schiusa ed è diverso per ogni madre che lo produce. Una volta nati i piccoli fanno quello che ogni bambino degno di questo nome fa, chiedono cibo ai genitori piangendo. Ma in questo richiamo, chiamato “begging”, i giovani maluri incorporano parte del canto di incubazione della madre. Questa password, tramandata dalla madre ai figli quando questi si trovavano ancora in stadio embrionale, permette alla femmina di riconoscere i suoi piccoli. Se i pulcini dentro al nido la fanno tutto ok, altrimenti per la coppia di genitori è ora di levare le tende. A questo punto sorge spontanea una domanda: perché il piccolo cuculo non impara anche lui questo richiamo? L risposta è piuttosto semplice, non ne ha il tempo. Dovendo nascere prima dei suoi “fratelli acquisiti” per eliminarli, l’embrione di cuculo è esposto al canto di incubazione solo per 2 giorni, rispetto ai 4/5 che mediamente sono necessari ai pulcini di maluro pe acquisire le note della madre. Senza password, il piccolo intruso prova in diversi modi ad attirare l’attenzione dei suoi nuovi genitori, spesso senza riuscirci.
Bello eh? Apprendimento in ovo. Ma volendo proprio fare i difensori dell’unicità umana potremmo dire <ECCHICCELODICE CHE HA APPRESO IL CANTO PRIMA DI NASCERE? COME LO DIMOSTRI? MICA STO UCCELLINO SCALCIA QUANDO SENTE LA VOCE DELLA MAMMA COME IL MIO PUPO SANTO!!>.
In effetti diversi esperimenti hanno dimostrato in maniera convincente come i bambini siano parecchio bravi a riconoscere e a rispondere ai suoni ancora prima di nascere. All’età di sei mesi un feto comincia a rispondere ai rumori provenienti dall’ambiente esterno e, dopo poche settimane, è in grado di discriminare se questi ultimi sono emessi dalla madre, da un estraneo o da Dario Fo. Si è sempre creduto che questa abilità fosse specifica di Homo sapiens, principalmente perché poche persone hanno ritenuto importante fare il confronto con altre specie. Oh, magari non è neanche troppo facile controllare se un piccolo di capodoglio risponde agli stimoli esterni, ma i veri duri si vedono in questi momenti qui.
Diane Colombelli-Négrel ha deciso di risolvere definitivamente la questione, testando la capacità di riconoscere i suoni esterni negli embrioni di un uccello. E non serve che vi dica quale. Purtroppo, anche con un organismo modello performante come il maluro misurare la risposta di un embrione diverso da quello umano ai suoni non è una cosa semplice, ed è qui che Colombelli-Negrel ha fatto la ganza.
Ha misurato il suo battito cardiaco.
Negli uccelli, come nelle persone, un battito cardiaco rallentato rispetto alla norma è associato all’attenzione. Se ti stai concentrando su qualcosa di specifico le tue pulsazioni diminuiscono. Per misurare questo calo di battiti gli autori del lavoro hanno illuminato le uova di maluro e usato una macchina che misurasse la differenza tra la luce emessa e quella in uscita dall’uovo. Questo divario cambia al variare del flusso sanguigno e permette di ricostruire le fluttuazioni nel battito cardiaco di un embrione.

Canzone di incubazione di una femmina di maluro superbo. Immagine modificata da Colombelli-Négrel et al. 2014
Dopo aver allestito tutto questo hanno fatto ascoltare tre tipi di suoni diversi alle uova: un richiamo di femmina di maluro superbo, uno emesso da una femmina appartenente ad una diversa specie di maluro e un rumore generico. E indovinate un po’. Non solo il battito cardiaco degli embrioni diminuiva solo quando venivano riprodotti suoni di uccelli (della stessa specie o di quella diversa) ma rimaneva basso anche nel periodo successivo quando il suono riprodotto apparteneva alla femmina di M.cyaneus. Vuol dire che non solo l’embrione di questo uccello è in grado di recepire i suoni, ma anche di distinguere quando questi sono rumori di fondo (nessun cambio di pulsazioni) emessi da un animale (moderata attenzione, cambio di pulsazioni temporaneo) oppure da un loro genitore (attenzione prolungata nel tempo).
E così un piccolo pennuto ci toglie dall’ennesimo primato che consideravamo già nostro. Ma non disperate. Dobbiamo ancora trovare altri organismi eucarioti capaci come noi di divertirsi guardando una partita di polo.
Io scommetto sui Koala.
FONTI
Colombelli-Négrel D, Hauber ME, & Kleindorfer S (2014). Prenatal learning in an Australian songbird: habituation and individual discrimination in superb fairy-wren embryos. Proceedings. Biological sciences / The Royal Society, 281 (1797) PMID: 25355472
Dire “è ciò che ci distingue dagli animali” è ciò che ci distingue dagli animali.
Detto questo, mi viene un dubbio: visto che il metodo della pwd sembra essere una gran figata perchè la mamma di Maluro non piglia a calci il cucciolo di cuculo come farebbe un sys-admin quando qualcuno prova ad entrare senza password?
E preferisce dire “caro questo nido è pieno di zingari, cambiamo nido!”.
Tra l’altro non ho capito bene un passaggio: se l’uovo di cuculo si schiude prima e il cuculo kicka via le altre uova, il controllo delle credenziali quando avviene?
Se il nido è stato parassitato immagino ci sia solo più un cucciolo e del tipo sbagliato.
O ho capito male io?
Grazie in anticipo!
Allora vediamo di andare con ordine:
La scelta di abbandonare il nido è la strategia adottata dal maluro ma altri uccelli, ad esempio gli appartenenti al genere Gerygone, fanno esattamente quello che dici tu. Una volta individuato il piccolo di cuculo lo espellono dal nido e bona lì.
Il secondo passaggio non l’ho forse spiegato bene io. Il controllo delle credenziali avviene al momento della richiesta di cibo alla mamma da parte del pulcino (maluro o cuculo che sia): se nel begging c’è la parte di sequenza “materna” (i piccoli sono quelli “originali” e il nido non è stato parassitato) tutto ok. Se il nido è stato invece visitato da un cuculo conterrà, alla schiusa del suo uovo, solo un pulcino (ha eliminato la concorrenza dei piccoli di maluro) non in grado di attirare l’attenzione della madre adottiva con il suo richiamo.
Spero di essere stato più chiaro!
Grazie per le chiarificazioni, ora mi è più chiaro!
L’ha ribloggato su sijmadicandhapajieee ha commentato:
Non c’è bisogno di essere naturalisti per provare la sensazione di meraviglia davanti a questo post. Lo dico sia per il contenuto (che è uno dei motivi per cui ancora non riesco a smetterla di sporcarmi di fango) che per la forma. Chapeau!