Long Way Round (turtle style)
Oggi non mi viene in mente nulla per introdurre l’articolo. No davvero, ci ho provato, continuo a scrivere roba senza alcun nesso logico. Sarà il lunedì senza puntata di Game of Thrones? O forse l’avere letto la trama di Jurassic World? In ogni caso benvenuti al Dodo del lunedì.
Il Museo di Storia Naturale di Bologna ha lo stesso fascino della vecchia casa di un cacciatore morto da anni. Molti bambini emiliano-romagnoli hanno avuto il loro primo vero assaggio della diversità della vita animale nelle polverose sale di via Selmi 3.
Al loro interno, i più sfortunati decidono di diventare biologi.
Tra i vari reperti recuperati da vecchie collezioni in giro per l’Italia alcuni catturano immediatamente lo sguardo del visitatore, come i pesci luna (Mola mola). Altri sono più defilati e si rivelano solo al visitatore più attento. Se dalla sala centrale prendete, invece della più illuminata e attraente scala sulla destra, la rampa che si trova sulla vostra sinistra, vi imbatterete in un gigantesco rettile appeso al muro. Il colore indefinito dovuto ad anni di esposizione non lascia comunque dubbi sull’identità della bestia: una tartaruga liuto (Dermochelys coriacea).
Questi animali sono i più grandi rappresentanti tra quelle che collettivamente vengono chiamate “tartarughe marine”. Sebbene la loro schiena non sia caratterizzata da un carapace osseo come nei Chelonidi (tipo Caretta caretta) le tartarughe liuto hanno in comune con loro una caratteristica.
Viaggiano. Un sacco.
Tuttavia questa non è una notizia nuova. Se esistesse un premio per gli animali migratori più famosi (la cui cerimonia si tiene a Hollywood ed include una performance di One Day More fatta dal cast di Les Miserables) probabilmente lo vincerebbero le tartarughe marine.
Ma andiamo con ordine, cos’è una migrazione?
Non prendete come esempi gli esodi estivi verso Ibiza, una vera migrazione avviene quando gli individui si spostano dai territori in cui cacciano e si nutrono a quelli che usano per riprodursi. Molto spesso c’è una sorta di “fedeltà” nei riguardi dei posti in cui un animale è nato, ai quali ritorna quando è il momento di scodellare la sua prole. Anche le tartarughe marine sono piuttosto abitudinarie, tuttavia in maniera leggermente diversa a seconda della specie.
I Chelonidi sono soliti occupare luoghi neritici (parola molto carina che sta ad indicare ambienti marini piuttosto vicini alla costa) ben definiti sia per quanto riguarda la caccia che per la riproduzione. Una volta che il desiderio di maternità la fa da padrone, compiono la loro traversata fino alle spiagge dove hanno per la prima volta visto la luce. Durante questo loro viaggio, fedeli alla linea dettata da Cosmopolitan, non mangiano nemmeno una barretta multicereali, utilizzando esclusivamente le riserve di cibo accumulate nel loro corpo. Questo chiaramente pone dei limiti alle entità delle loro migrazioni, che comunque si attestano su valori ragguardevoli di circa 3000 chilometri.
I Dermochelidi (rappresentati oggi solo dalla tartaruga liuto) sono invece i re del mare aperto. Come per gli odiosi protagonisti di On the Road il mondo è la loro ostrica, anche se almeno evitano di fare autostop e spaccarsi di whisky più o meno a caso. Essendo abituati a cibarsi durante gli spostamenti, questi rettili possono compiere enormi viaggi di più di 11000 chilometri. Tuttavia, anche in questo caso, esiste una sorta di fedeltà nei confronti dell’area di nascita. Le tartarughe liuto nate nel nord Atlantico non vanno a deporre le loro uova nella parte meridionale dell’oceano, e la stessa cosa vale per gli individui nati al sud.
A questo punto la domanda sorge spontanea: come fanno le tartarughe a sapere dove andare e, soprattutto, come ritornare nei soliti posti?
Per altri animali le migrazioni sono una questione sociale.
I piccoli di megattera (Megaptera novaeangliae) seguono la madre durante il primo, grande viaggio della loro vita. Dalle calde acque tropicali al gelo dell’Artico, i nuovi nati imparano così un percorso che saranno successivamente in grado di riprodurre da soli.
Un esperimento effettuato su giovani individui di gru americana (Grus americana) ha evidenziato come questi uccelli, che non avevano mai migrato in precedenza, sapessero quando partire anche senza l’aiuto di nessuno. Il problema era però l’arrivo. I giovani, senza alcuna guida, erano soliti atterrare più o meno a caso lungo le rotte migratorie. La presenza di individui anziani in uno stormo assicurava che le gru arrivassero davvero nei caldi luoghi di svernamento a sud del Texas.
Questo apprendimento sociale è molto comune negli animali che hanno intense cure parentali. Ma la cosa non si applica alle nostre tartarughe.
Tutti noi abbiamo in mente la scena. Con il favore delle tenebre una femmina di Caretta caretta risale la spiaggia fino a trovare il punto giusto. Qui depone decine di uova bianche in una buca che poi ricoprirà con della sabbia prima di tornarsene nel mare e fregarsene dei figli per sempre. Al momento della schiusa i piccoli sciamano a centinaia sulla battigia per raggiungere la salvezza del mare mentre stormi di uccelli marini calano in picchiata su di loro (Se non avete mai visto la scena eccovi Sir David che fa il bullo su una spiaggia mentre il dramma si compie). Zero cure parentali, niente regalo per la festa della mamma.
Il meccanismo deve per forza essere un altro.
Utilizzando dati satellitari sulle rotte migratorie di diverse specie di tartarughe marine Rebecca Scott e i suoi collaboratori hanno cercato di individuare cosa poteva determinare il percorso di questi rettili. Salta fuori che la risposta ci è stata già spiegata elegantemente nel film Alla ricerca di nemo.
Quando i piccoli di tartaruga raggiungono per la prima volta il mare, la loro dimensione rivaleggia con quella della credibilità di una promessa elettorale. Questi animaletti di pochi centimetri vengono sballottati dalle onde e, successivamente, trascinati passivamente dalle correnti marine fino a luoghi più calmi e tranquilli. Qui le tartarughe si stabiliscono e crescono, memorizzando la località della loro nuova “casa”. Una volta che arriva il momento di deporre le uova, le tartarughe utilizzano lo stesso percorso che le aveva così traumatizzate in tenera età: quello delle correnti.
Già. Sono queste a determinare le rotte migratorie delle tartarughe.
Il fatto che i territori scelti da questi rettili siano il risultato della azione di grosse masse d’acqua aiuta anche a rispondere ad una domanda: perché le tartarughe scelgono territori di caccia così lontani dalle loro spiagge natale ANCHE SE NE ESISTONO DI MOLTO PIÙ VICINI? Sarebbe come se io andassi a fare la spesa a Roma invece di andare al supermercato sotto casa.
La risposta è che non li scelgono, ci vengono sbattute dentro.
Vista l’elevata mortalità tra i piccoli di Chelonidi, la selezione naturale premierà probabilmente gli individui che riescono a ricordare luoghi sicuri in cui tornare per cibarsi. Unite a questo la capacità delle tartarughe di utilizzare il campo magnetico terrestre e avrete, probabilmente, spiegato una migrazione.
E per le tartarughe liuto?
Anche per loro le correnti spiegherebbero molto. Sebbene la loro migrazione sia più simile alla Long Way Round del buon Obi-Wan Kenobi che ad un banale avanti-indietro, questi animali sono fortemente dipendenti dai movimenti delle masse d’acqua. Molte delle loro prede seguono infatti il flusso delle correnti e questo, unito alla loro tendenza a rimanere nella parte di oceano in cui sono nate, sembrerebbe rendere valida la teoria elaborata da Scott anche per loro.
Quindi, la prossima volta che vi troverete a Bologna, fate un salto al Museo di Storia Naturale. Qui, tra pelli di coccodrillo impolverate e scoiattoli dalla faccia storpiata dal tempo, troverete gli imponenti resti di quello che era, un tempo, un grande viaggiatore.
Vabbè ok, se proprio volete un altro motivo per amare le tartarughe liuto, sappiate che possiedono delle estroflessioni esofagee chiamate papillae che fanno venire gli incubi anche a Gregor Clegane.
FONTI
Scott, R., Marsh, R., & Hays, G. (2014). Ontogeny of long distance migration Ecology DOI: 10.1890/13-2164.1
Mueller, T., O’Hara, R. B., Converse, S. J., Urbanek, R. P., & Fagan, W. F. (2013). Social learning of migratory performance. Science (New York, N.Y.), 341(6149), 999–1002.
Quindi le tartarughe sono maggiorenni appena nate.
Stima e Onore.