Come d’inverno, senza neve, le lepri
Nelle puntate precedenti de “il volo del dodo” avete potuto apprezzare l’evoluzione del mimetismo in tutta la sua grandezza e complessità. Ma cosa avviene quando un organismo è perfettamente adattato ad alcune condizioni ambientali e queste, improvvisamente, cambiano? Scopritelo in questo nuovo ed esaltante finale di stagione. No che non dico sul serio, ma Lost è andato avanti 6 stagioni con sta storia.
La primavera è splendida.
Le mattinate fredde cedono velocemente il passo a giornate calde e assolate, causando momenti di gioia in tutti quelli che si sono coperti prima di uscire di casa e che verso mezzogiorno sudano copiosamente.
E che dire della natura? Lo sbocciare dei fiori ricorda a tutti noi che anche quest’anno è arrivata l’ora degli antistaminici, mentre un traduttore simultaneo applicato alle centinaia di melodiosi canti di uccelli ci permetterebbe di capirne il reale significato:
Cip cip cipppp: “Ehi bella, dove corri, guarda che grosso territorio che ho”.
Cip cip ciiiiiiiiip: “ Non lo ascoltare zucchero, non importa quanto sia grande il territorio, ma come puoi usarlo, e il mio è pieno di cibo”.
Ma sto distruggendo la poesia e, dopotutto, c’è chi probabilmente ha motivi reali per odiare l’improvviso cambio di stagione.
La lepre americana (Lepus americanus), detta anche “lepre scarpa da neve” da coloro che amano le traduzioni letterali, è uno di quei mammiferi che cambia il colore del pelo più volte all’anno. Durante l’inverno questo animale sfoggia un mantello totalmente bianco, una tonalità estremamente adatta per mimetizzarsi nella neve. Al sopraggiungere della primavera però questo colore viene sostituito da un marrone intenso, essenziale per confondersi nella boscaglia, che rimarrà fino all’arrivo dell’autunno quando, con una nuova muta, il ciclo ricomincerà.
La lepre americana non è l’unico mammifero ad andare incontro a questo processo, anche se i lagomorfi, l’ordine a cui le lepri appartengono insieme ai conigli e ai pika, contiene parecchie specie specializzate nei cambi stagionali di pelliccia.
Questo perché il mimetismo criptico, la capacità di confondersi con lo sfondo, è una delle difese principali delle lepri. A differenza dei loro cugini conigli, infatti, loro non scavano tane in cui nascondersi, preferendo contare su una veloce fuga in caso di pericolo. Tuttavia correre tutto il giorno consuma molte energie e le lepri evitano di farlo se possono, rimanendo completamente immobili e fuggendo solo quando non ci sono alternative.
Ma cosa induce il cambio di colore nella pelliccia? Pensateci, abbiamo bisogno di qualcosa di affidabile che cambi poco di anno in anno. Un aumento della temperatura? Naaah, e poi che fate se avete tre giorni di caldo a Dicembre? La delusione causata da una nuova stagione di “The Walking Dead”? Nonostante molti fattori siano stati ritenuti responsabili, il colpevole principale è, probabilmente, la luce del sole. Il fotoperiodo, una parola che sostanzialmente vuole dire la lunghezza del giorno rispetto alla notte, è usato da moltissime piante ed animali per capire in che stagione si trovano e, di conseguenza, adattarsi alle condizioni ambientali.
Il processo a livello molecolare è ancora in gran parte sconosciuto, anche se alcuni studi hanno fatto luce su alcuni possibili responsabili. La melatonina, ad esempio, è una sostanza che viene secreta da una ghiandola alla base del cervello in assenza di luce. La sua concentrazione nel sangue riflette quindi il numero di ore in cui un animale si trova al buio. Visto che il rapporto notte/giorno cambia a seconda delle stagioni, un organismo potrà capire il periodo dell’anno in cui si trova basandosi sulla quantità di questa sostanza. Molti comportamenti, come l’inizio della stagione riproduttiva, sono causati da un cambiamento nella concentrazione di melatonina nel sangue. Questi studi non sono stati fatti sulle lepri, ma ci sono buone probabilità che un meccanismo simile guidi la muta stagionale in questi animali.
Sebbene la luce sia un indicatore affidabile per quanto riguarda il trascorrere delle stagioni, cosa succede quando il resto smette di esserlo?
Come tutti sapete, non ci sono più le mezze stagioni. I cambiamenti climatici che interessano il nostro pianeta (e sì, nonostante quello che vi possano dire eminenti esperti scientifici sono causati anche da noi) hanno modificato le regole del gioco.
Negli ultimi decenni la durata della copertura nevosa si è ridotta sensibilmente in buona parte dell’emisfero boreale, a causa di climi più miti e precipitazioni piovose più abbondanti. Se la neve arriva in ritardo e si scioglie prima del solito, ma il ritmo notte/giorno rimane quello caratteristico dell’inverno, l’organismo riceve due messaggi contrastanti. Nel caso specifico della nostra lepre, l’animale continuerà a presentare un manto invernale anche in assenza di neve, o estivo quando la neve c’è, più o meno l’equivalente di disegnarsi un grosso bersaglio addosso e urlare “PER ME HANNO FATTO BENE A CANCELLARE FIREFLY” ad una qualsiasi fiera del fumetto.

Le prime due lepri non hanno ben capito il concetto di “mimetismo”. Quelle sotto se la cavano alla gande. Immagine modificata Mills et al.2003
Ma, direte voi, forse le lepri possono capire dall’ambiente se è il caso di mutare la pelliccia. Magari questi animali possono usare altre linee guida oltre alla luce, come la temperatura o l’effettiva presenza di neve. Oppure, se proprio non riescono a modificare il periodo di muta, magari potranno mettere in atto alcuni comportamenti per compensare il mancato mimetismo. La pernice bianca nordica (Lagopus lagopus) un uccello che, come la nostra lepre, cambia colore a seconda della stagione, ha imparato ad andare a cibarsi solo nelle zone che possono massimizzare il mimetismo con il suo attuale colore durante il momento della muta.
Se lo fa un uccello, perché non può esserne capace anche un lepre?
Queste sono più o meno le domande che si è posta Marketa Zimova, studentessa all’Università del Montana, che ha deciso di osservare il comportamento di questi animali per diversi anni. E dargli fastidio. Quale modo migliore per capire se, per esempio, le lepri non mimetizzate adattassero la loro distanza di fuga se non andandogli incontro fino a farle scappare?
Studiate ecologia bambini, è il miglior lavoro del mondo.
A prescindere dalle tecniche utilizzate le lepri non hanno superato brillantemente i test. Nonostante alcune di loro riuscissero ad anticipare la muta primaverile (dal bianco al marrone) nel caso le nevi si fossero sciolte prima, nessuna lepre ha mostrato di poter cambiare il momento della muta invernale (dal marrone al bianco) indipendentemente dalle condizioni ambientali. Ma la parte migliore deve ancora arrivare.
Ricordate la pernice? Ecco, la lepre americana in confronto fa pietà.
Gli individui analizzati durante il corso dello studio di Zimova non modificavano la loro distanza di fuga, non si nascondevano e nemmeno sceglievano posti per rimanere immobili che massimizzassero le loro possibilità di mimetismo. Al contrario. Come a voler lanciare un grandissimo chissenefrega al mondo, le lepri che presentavano ancora il manto invernale preferivano di gran lunga posti senza neve per rimanere immobili e “nascondersi”. La spiegazione a questo apparentemente assurdo comportamento viene timidamente abbozzata in una riga dell’articolo pubblicato su Proceedings of the Royal Society B. della settimana scorsa.
È probabile che, semplicemente, le lepri non abbiano idea del colore del loro pelo.
La forza dell’abitudine poi fa il resto. Sebbene l’evoluzione a volte possa essere molto rapida (pensate all’esperimento di Lenski) il meccanismo e il comportamento associato alla muta delle lepri delle nevi è stato scolpito in migliaia di anni di selezione naturale. Non si può cambiare in pochi mesi quello che è risultato vantaggioso per così tanto tempo, nonostante la rapidità del cambiamento climatico attuale.
Che succederà ora alle lepri americane?
Questi animali sono una componente essenziale degli ecosistemi in cui si trovano e le loro dinamiche di popolazione (l’aumento o la diminuzione del loro numero) è legato a doppio filo con quello dei loro predatori. Può essere che la selezione naturale imposta sugli individui che non si mimetizzano riesca a permettere la diffusione di nuovi comportamenti “prudenti” all’interno di una popolazione. Magari gli esemplari capaci di anticipare il periodo della muta primaverile riusciranno a far fronte, temporaneamente, alle nuove condizioni ambientali. È ancora presto per dirlo.
Quando parliamo di evoluzione il futuro non è mai bianco o nero.
FONTI
Marketa Zimova1, L. Scott Mills, Paul M. Lukacs, & Michael S. Mitchell (2014). Snowshoe hares display limited phenotypic plasticity to mismatch in seasonal camouflage Proceedings of the Royal Society B.
Attenzione frase ripetuta: “Questi studi non sono stati fatti sulle lepri, ma ci sono buone probabilità che un meccanismo simile guidi la muta stagionale in questi animali.Questi studi non sono stati fatti sulle lepri, ma ci sono buone probabilità che un meccanismo simile guidi la muta stagionale in questi animali.”
Sistemato, grazie!
Ma era più bella ripetuta, per chi magari legge la sera…