Categoria: Ecologia
Harmonia axyridis, ovvero come imparai a preoccuparmi e a temere la coccinella

Harmonia axyridis è qui per farvi il più grande dei doni, e quel dono è il TOTALE ANNIENTAMENTO. Immagine Wikimedia Commons
Sono orgoglioso di poter ospitare il guest post di Francesco Lami, che non è assolutamente motivo di sollievo per me visto che il mio ultimo articolo non è ancora finito. Considerata la mia scarsa esperienza con tutto ciò che ha 6 zampe, mi ha fatto piacere vedere che Francesco mi è venuto incontro offrendosi di sopperire alle mie mancanze con la sua competenza insettologica. Tuttavia, se da un lato sono contento come chiunque altro di conoscere un entomologo, non posso che rimanere interdetto quando, al posto del cane, mi chiede di badare al suo Archispirostreptus gigas durante le vacanze. Basta, godetevi il post e noi ci vediamo tra qualche giorno con un nuovo articolo!
Di tutte le variopinte e multiformi minacce alla biodiversità che si trovano sul mercato, una delle più gravi (nonché più trascurate dal popolino degli envirohipster della domenica) è rappresentata dalle specie alloctone. Si tratta semplicemente di organismi originari di una determinata regione geografica che vengono introdotti, a causa dell’uomo, in una nuova area. Può trattarsi di introduzioni del tutto accidentali, come quella volta che i ratti invasero l’Australia. Oppure può trattarsi di animali e piante domestiche che sfuggono al controllo umano e si rinselvatichiscono, come quella volta che cani e capre invasero l’Australia. Oppure può trattarsi di introduzioni deliberate in habitat naturali, magari a scopo di lotta biologica, come quella volta che i rospi marini invasero l’Australia. In ogni caso, spesso e volentieri il nuovo arrivato crea tutta una serie di problemi che includono il competere o il mangiarsi i nativi, e una più generalizzata alterazione dell’ambiente che può ripercuotersi anche sulle attività umane.
Mice and the city
Il post di oggi è frutto dalla lettura di un articolo appena uscito su PlosONE che mi aveva già interessato quando era stato pubblicato in anteprima su PeerJ. Anche Carl Zimmer ha scritto un post sull’argomento e io, lungi da voler riscaldare la minestra, ho pensato di parlarne anche qui, approfittandone per introdurre qualche nozione di ecologia urbana.
Quando pensiamo alla parola “biodiversità” generalmente la associamo a immagini di lussureggianti foreste tropicali o di colorate barriere coralline. Non certo al grigio e monotono panorama cittadino. Tuttavia è sufficiente fare una passeggiata in un parco di sera o guardarsi intorno quando si fa jogging al mattino presto per scoprire che il deserto d’asfalto non è davvero “deserto”.
Sì, sono stato a casa quest’estate. Passiamo oltre.

Molte specie hanno imparato a vivere a stretto contatto con l’uomo. Da sinistra verso destra un piccione selvatico occidentale (Columba livia), uno scarafaggio nero comune (Blatta orientalis) e 4 esemplari di Testudo kawabangii. Immagini Wikimedia Commons
Più della metà della popolazione mondiale vive oggi in aree definite come “urbane”. Nel mondo le città con oltre 1000000 di abitanti sono circa 300 mentre almeno 20 megalopoli eccedono i 10000000 di concittadini. Tra migrazioni e nuove nascite ogni anno le metropoli guadagnano 67 milioni di persone.
Non siamo ancora su Coruscant ma ci siamo capiti.
Pur trovandosi in luoghi estremamente diversi, le città costituiscono ambienti con caratteristiche simili tra loro. La scarsa vegetazione, l’elevato numero di abitanti e i materiali di cui sono costruiti gli edifici favoriscono una temperatura generalmente più alta in città rispetto alle periferie. I fortunati che hanno la possibilità di visitare Bologna il 15 di Agosto sanno di cosa parlo. I corsi d’acqua, quando presenti, risultano fortemente alterati e ricevono ingenti quantità di nutrienti organici e inorganici frutto delle attività umane nella zona. Anche la composizione del suolo viene spesso alterata dalla presenza di metalli pesanti frutto del traffico cittadino e delle emissioni industriali. Per quanto riguarda le specie animali e vegetali, in città si osserva generalmente un minor numero di specie rispetto alle aree non urbane.
Di lupi e…tutto il resto
Questo post, il primo del nuovo blog, è scaturito dalla lettura di un paio di articoli recenti che hanno puntato nuovamente i riflettori su uno degli “esperimenti involontari” più celebri nel mondo dell’ecologia. Il racconto che segue sembra scritto a quattro mani da me e da Mufasa ma non lo è. Perché piango sempre quando lavoro con lui.
Partiamo da una premessa: a tutti piacciono i lupi.
Il numero di musi di lupo tatuati sulle braccia di ex atleti rivaleggia solo con la quantità di caratteri cinesi scelti dal catalogo nella sala di attesa del tatuatore (no, probabilmente non significa “forza e onore” quello che hai sul collo). Lupi in CGI, brutti o meno, spuntano come funghi in molti film e il canide è anche la star di una delle magliette più famose nella storia di Amazon (le 2586 recensioni restituiscono la gioia di vivere). Infine non dimentichiamo il lupo domestico con cui molti di noi condividono casa, divano e pantofole.
Il lupo (Canis lupus) è anche il protagonista principale di una storia ambientata nel più antico parco nazionale del mondo: il parco di Yellowstone.
Ora, non voglio essere polemico, ma soffermiamoci un secondo sul fatto che la biologia della conservazione debba una delle sue idee più fortunate agli Americani che, all’epoca dell’istituzione del parco (1872), non avevano ancora raggiunto i 100 anni di indipendenza dal Regno Unito.
Fatto, Europa? Bene.
Il parco si estende per oltre 8980 km2 , comprendendo principalmente territori del Wyoming, ma anche in parte del Montana e dell’Idaho.Essendo una enorme distesa di ambiente subalpino-temperato (relativamente) inalterato, Yellowstone ospita oggi un buon numero di specie animali “carismatiche” come il grizzly, il bisonte,l’alce, l’aquila calva e …. il lupo.
Ma non è sempre stato così.